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Muse – The Resistance
(Warner Music)
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The Muse aspired to become the new post-progressive great band, but this disc only confirms their good attitude with rock music.

Ogni volta che decidono di uscire con un nuovo disco i Muse diventano più ambiziosi e, non che la cosa si sposi necessariamente bene, magniloquenti. La nuova fatica della band inglese è una sorta di concept album, dalla durata di un’ora, con un lunghissimo medley strumentale di dodici minuti alla fine del disco. Qui da noi i Muse si sono presentati bene; burlandosi a Quelli che il calcio del colossale pressappochismo di Simona Ventura e della RAI, che dopo non aver concesso al gruppo l’esibizione dal vivo, non si sono preoccupati di verificare la corretta “recita” del playback. Così mentre il cantante Matthew Bellamy si muoveva alla batteria in piena crisi epilettica, il vero batterista mimava il singolo Uprising, traccia di apertura dell’album e pezzo forte per la promozione del disco. L’ambiente dello showbiz comunque si addice ai Muse più delle citazioni colte, e The Resistance si fa notare più per la musica che per i testi di stampo orwelliano. Quanto alla musica Uprising apre “la resistenza” con una vera e propria scarica di adrenalina, il singolo è una piena canzone in “stile Bellamy” – continuamente sul momento di esplodere, dal ritornello orecchiabile e corale – e catalizza inevitabilmente l’attenzione. Come se da questo momento il disco sfumasse verso la lunga parte strumentale la seconda traccia Resistance parte con un paio di note di tastiera per poi risolversi in un vero pezzo rock che farà la fortuna dei concerti, la seguente Undisclosed Desire probabilmente (si spera per la band) è solo una concessione all’elettropop più commerciale. United States Of Eurasia, subito dopo, è invece un bel pezzo – il migliore dell’album – partendo da un simil plagio, ma probabilmente è una voluta citazione di Bohemian Rapsody dei Queen, continua con arrangiamenti orientaleggianti e mentre il testo vaneggia di una sorta di unione dell’intera massa continentale eurasiatica (su questo Orwell sarebbe stato alquanto perplesso) viene reinterpretato nientemeno che Chopin; è comunque più facile ascoltare la canzone che descriverla e questo mix dopo tutto si rivela sapiente. Guiding Light sarebbe la prosecuzione ideale dell’inno precedente, ad accentuare il carattere (artificiosamente?) concept del disco. Da segnalare infine MK Ultra, buon brano rock e I Belong To You, un pezzo dal sapore retrò rifatto con strumentazione e sensibilità moderni. Poco aggiunge a The Resistance l’interminabile parte strumentale (o quasi; i pezzi cantati sono pochi e non memorabili) divisa pomposamente in tre atti, un chiaro esercizio di stile che invece di mostrare quanto siano bravi i Muse lascia piuttosto un po’ interdetti.
In conclusione The Resistance mostra una doppia faccia, i soliti pezzi “Bellamy style” aggiungono poco, pochissimo, al repertorio della band inglese, mentre i brani che avrebbero dovuto fare la differenza consacrando i Muse come faro del rock post-progressive (o qualcosa del genere) contemporaneo sono poco più che intermezzi, fa eccezione solo United States Of Eurasia che, tuttavia, rischia di essere ricordata come un tributo a Freddie Mercury.

Matteo Vannacci

1. "Uprising"
2. "Resistance"
3. "Undisclosed Desires"
4. "United States of Eurasia (+Collateral Damage)"
5. "Guiding Light"
6. "Unnatural Selection"
7. "MK Ultra"
8. "I Belong to You"
9. "Exogenesis: Symphony Part 1 (Overture)”
10. "Exogenesis: Symphony Part 2 (Cross-Pollination)"
11. "Exogenesis: Symphony Part 3 (Redemption)"

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