.

LIVE

Blues’n’Jazz 24-26 giugno 2011
(Rapperswil, Svizzera)

Il Festival di Rapperswil è una beata isola di felicità musicale in mezzo all’Europa. Isola perché venendo da sud o da ovest per entrare a Rapperswil – Svizzera centro settentrionale – bisogna percorrere un istmo che sa d’America, ma soprattutto di vacanze.

Aria limpida, tramonti fosforescenti, montagne a portata di mano e gente in costume da bagno impegnata a pescare il luccio. Forse non è un caso che il Popolo del Blues consideri il miglior concerto di questa edizione del festival Blues’n’Jazz quello di Louisiana Red, un vecchio Bluesman che va per gl’ottanta e che fulmina il pubblico con la sua slide trascinante, dalla tecnica magari rudimentale ma terribilmente efficace. Anche la consunta “Johnny Be Good” suona attraente con Louisiana che s’alza a stento dalla sedia rimanendo mezzo piegato in una specie d’imitazione del duck walk di Chuck Berry. Dietro alle sue spalle una scenografia spoglia – il Blue Front Café - da film di Wim Wenders, impagabile con il sole al tramonto che filtra attrevrso le persiane.



Subito dopo, nello stesso scenario, è il turno di Nerak Roth Patterson Blues Duo, chitarrista dell’Ohio già visto dal PDB a Cognac qualche anno fa. E’ un musicista al quale manca la taglia da leader, il fatto che sia accompagnato dal figlio che gli fa da ritmica non aiuta l’ascoltatore a rifuggere la sensazione d’assistere a uno show amatoriale nonstante qualche buona canzone.

Alla fine Della serata arriva Kent DuChaine, un bianco alla National guitar che fa un pò di Blues e un pò di Country, tutto sommato non malaccio. In Hauput platze abbiamo visto un grande Joe Cleary, pianista di New Orleans, in un set meno elettrico del solito – batteria e contrabbasso in accompagnamento – ma assai vigoroso grazie ad un pianismo percussivo. Cleary, decisamente migliorato alla voce che prende progressivamente colore col passare degl’anni, è un musicista che meriterebbe maggiore attenzione al di là di New Orleans.

Un‘altra bella sorpresa è stata la cantante Lerato Sabele, accompagnata dalla band italiana Gnola Blues Band del chitarrista Maurizio Glielmo. Sabele è d’origine sudafricana e s’è molto distinta nel campo del Gospel. Quando s’impegna nel Rythm’n’Blues, viene fuori una voce e un’attitudine che rammenta molto Aretha Franklin, come nella travolgente versione di “Think”. La Gnola Blues Band è agguerritissima, e ormai bisogna constatare che le bands italiane a livelli europei e americani sono numerose, qualsiasi distinguo sarebbe oggi superato. Lerato Sabele è una cantante non più giovanissima ma che ha mezzi tecnici e personalità per imporsi nell’angusto – al giorno d’oggi – mondo del Blues e del Rythm and Blues.



Restando sempre in tema femminile, una mezza delusione è stata invece Shakura S’Aida, cantante canadese, ma cresciuta in giro per il mondo. Shakura è una bella donna sui quaranta anni dal fisico prorompente con una voce potente ma poco espressiva. L’accompagna una band compatta dai suoni molto rock, guidata da una chitarrista aggressiva, Donna Grantis, che di Blues però ne suona ben poco. Alla fine ne esce un concerto di rock’n’blues trito e ritrito che rischia d’esser ricordato soprattutto per i movimenti da pantera infoiata di Shakura. Peccato perchè con una produzione differente quest’artista potrebbe esser interessante.

Rimanendo nel campo del rock’n’blues si fanno certo preferire i solidissimi Nine Below Zero, una band inglese fondata una trentina d’anni fa che adesso vede al basso un’icona della scena Blues inglese, Gerry McAvoy – ex Rory Gallagher - che con Brendan O’Neill dà vita ad una sezione rítmica instancabile. I due solisti, Dennis Greaves alla chitarra e al canto e Mark Feltham all’armonica strappano applausi con i loro assoli al fulmicotone. Una certa dose d’autoironia nell’esagerazione insita nel rock’n’blues permette di stabilire un contatto viscerale con il pubblico. I Dr. Feelgood sono, mutatis mutandis, la versione pub-rock dei Nine Below Zero, ma a differenza di quest’ultimi, assurti a fama mondiale. Fa un pò specie che nessuno dei membri attuali sia un membro fondatore e alla fine si ha più l’impressione d’esser davanti a una buona replica che di fronte all’originale.



Gl’amanti della chitarra saranno rimasti appagati dal concerto di Sonny Landreth, un mago della sei corde, noto soprattutto per il suo lavoro alla slide che gl’ha valso un buon numero di comparsate con grandi nomi come Eric Clapton e Mark Knofler. Lo show di Philipp Fankhauser, cantante svizzero di Thun, è lo stesso da qualche anno, ma si mantiene fresco e tirato grazie all’impegno del leader e dei suoi musicisti. Un tempo sodale di Johnny Copeland, Fankhauser scrive canzoni bellissime come “Try my Love” in un stile leggermente Southern Soul, sempre molto personale e il suo concerto s’apprezza nella forma e nella sostanza.
Impossibile non menzionare Super Chikan & Watermelon Slim, che il Popolo del Blues ha ahinoi mancato per via d’un pubblico che, di sabato sera, esondava letteralmente nel lago di Zurigo.
Presi da un crampo di fame, abbiamo riparato in un ristorantino appartato. Fonti autorevoli e degne di fiducia raccontano che non corra eccessivamente buon sangue tra i due bluesmen e che lo spettacolo alla fine ne risenta. Vediamo se l’esperimento continua in futuro.

Concludendo vale la pena di notare che abbiamo qui menzionato gl’artisti Blues o più vicini al Blues, ma in effetti il Blues’n’ Jazz Festival offriva molti altri artisti, giovani e meno giovani. En passant, abbiamo visto due cantanti di prospettiva, Melanie Fiona, bella canadesina che ricorda Joss Stone e Marc Sway, prodotto della globalizzazione musicale. Sempre ben frequentato lo spazio di musica New Orleans classica. Senza scordare Ana Popovic.

Trenta concerti, in due serate e una mattinata, quella di domenica, prezzi abbordabili se tiene l’euro. Fateci un pensierino per il prossimo anno.

Luca Lupoli

tutte le recensioni

Home - Il Popolo del Blues

NEWSLETTER

.
.
eXTReMe Tracker