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Storia di una generazione di amanti del rock
Pfm a Siena con Mauro Pagani e Piero Pelù, 29/08/2003



Il nome del rock italiano nel mondo è legato a doppio filo con quello della Premiata Forneria Marconi, il gruppo che più di ogni altro è riuscito a dare alla musica di casa nostra un profilo internazionale. Due singoli, 1972, ed è subito successo, ed un disco d’esordio con la capacità di cogliere tutte le istanze della giovane scena progressive nord europea e riproporle in chiave italiana.
L’onore di ospitare la formazione con un quasi line up degli esordi - grazie alla presenza di Mauro Pagani, violinista, flautista e mente creativa della Pfm primo periodo – è toccato a Siena, all’interno dell’annuale rassegna “La città aromatica”, organizzata dal comune.
L’avvio di concerto è all’insegna dei brani più strettamente progressive, primo fra tutti “La carrozza di Hans”, un assaggio doveroso verso il pubblico di affezionati del genere, in prima fila in Piazza del Campo dal pomeriggio con gli lp sotto braccio, musicalmente preparati e inamovibili nei gusti.

Lo spettacolo si sviluppa attraverso una scaletta varia e completa, che ponendo in successione diversi piccoli quadri attraversa tutta la storia del gruppo, mettendo in mostra non solo gli aspetti storici ma anche la loro personalità e immagine attuale. Non mancano i momenti di tributo ad altri artisti, introdotti con la dedica di “Maestro della voce” alla memoria delle jam session con Demetrio Stratos (superba voce degli Area, altro caposaldo del prog italiano e gruppo in cui militava Djivas, ora sul palco al basso insieme alla Pfm).


Il frontman è Franz di Cioccio, che lascia spesso la postazione dietro i tamburi per dimostrarsi aperto, gioioso e comunicativo, portando nel gruppo con interpretazioni come “Suonare suonare” tutta l’energia che serve. Gli altri sono a loro a agio e tutti grandi professionisti, sia per l’abilità strumentale che nel corso del concerto hanno modo di dimostrare ( Premoli con un brano per sole tastiere, Mussidda con un’appassionante introduzione a “Promenade the puzzle”, Pagani e Fabbri in non pochi momenti di improvvisazione al violino), sia, soprattutto, per la serietà e la correttezza vero i tecnici (ringraziati a fine concerto) dimostrata durante il sound check . Dopo altre parentesi dal primo disco e un episodio, “Domani”, dal più recente album da solista di Mauro Pagani (un bel gesto di stima da parte del gruppo verso il musicista), salgono sul palco gli ospiti: il quartetto d’archi Solis, già protagonista dell’apertura del concerto, e Piero Pelù, che fra “Il mio corpo che cambia” arrangiato e suonato con la Pfm e brani dei Litfiba presentati con il suo gruppo in organico ridotto mette a segno una buona performance, tenendo testa senza deludere ad una collaborazione sulla carta non così scontata.


Immancabile un momento dedicato a Fabrizio De Andrè (come Di Cioccio lo ha definito, “uno dei più grandi poeti del Novecento” ) con il brano “Un giudice”, già sullo storico live registrato nel 1979 quando, dice ancora Di Cioccio, il gruppo sfidò con successo la convinzione che un cantautore e un complesso potessero schierarsi solo su fronti opposti. Poi un bel dialogo strumentale per la curiosa formazione a due violini Fabbri-Pagani, elettrico e più tecnico il primo, amplificato e più passionale il secondo. Conclusione con “Impressioni di settembre”, “Celebration” e “Il pescatore”, altro corale omaggio a De Andrè, all’insegna di una band che con classe e professionalità ha conquistato la stima di più di una generazione di musicisti e appassionati.

Giulia Nuti

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