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Rolling Stones - Abiggerbang
Virgin/Emi


“Moriremo Rollingstoniani?”

Il nuovo disco dei Rolling Stones si intitola "abiggerbang", un botto più grande, ma per quel che riguarda l'umile recensore poteva tranquillamente intitolarsi "ragazzolasciacilavorare" a testimonianza del fatto che alla loro non più verde età (e forse proprio per questo) le pietre rotolanti restano la più grande band di hard rock del pianeta e oltre.
Un album (non riesco ancora a scrivere cd) suonato benissimo e inciso meglio, con un missaggio che non rivela un errore che uno. Voci perfette con Mick Jagger che pare tenere alle sue corde vocali come un cacciatore al suo cane migliore e l'altro gemello luccicante Keith Richards che sembra appena uscito da un lavaggio del sangue in clinica svizzera (roba da ricchi...) senza ricadute che come al solito canta le sue due canzoni irrimediabilmente affascinanti a chiusura di ogni ipotetico lato del disco. Le chitarre e la batteria sono assolutamente Stones quindi le prime taglienti e a volte sorprendenti (la svisata di “lookwhatthecatdraggedin”) e la seconda semplice, potente e perfettamente a tempo. Insomma, la macchina del rock non perde olio, si accende al primo colpo e, si, ha un motore che di chilometri ne ha fatti ma ha ancora una gran ripresa e una terza da paura. D'altronde il miglior modo per far durare un motore è quello di farlo camminare in spazi aperti, su grandi distanze ed è quello che i Rolling Stones hanno sempre fatto. I loro tour sono da record di presenze e vendita merchandising e i dischi o dvd che ne hanno tratto si fanno sempre ascoltare e vedere con piacere. Negli ultimi due anni hanno rivalutato anche il repertorio meno importante (ma siamo seri!) dedicando la scaletta dei concerti soprattutto alle canzoni meno o mai eseguite dal vivo. Operazione anche economica ma soprattutto utile a capire che è difficile trovare difetti in una band che vanta un simile vasto repertorio. Però scavando neanche troppo in profondità qualche difettuccio c'è da sempre. Chiedete ad una femminista consapevole cosa pensi di alcuni (tanti) testi del gruppo e, magari dopo un attestato di fedeltà alla musica dei ragazzi, esprimerà giudizi non proprio positivi. In fondo è tutto un grande gioco, dal montone infuriato Mick al coatto semicomatoso Keith all'imperscrutabile metronomo Charlie fino al pupo Ronnie che a tempo perso compra castelli e colleziona quadri d'autore (oltre a dipingere di suo), che ci tiene compagnia da troppo tempo per poter essere preso tuuutto sul serio.
Il segreto di questo album non è soltanto la repetitio di uno schema vincente. E' il fatto che viene fuori un gruppo che attraversa un momento di grazia e di piacere nel suonare e gli autori non hanno inserito brani deboli nonostante siano 18 le canzoni contenute in "abiggerbang". Il disco inizia con "roughjustice" alla grande secondo il suddetto schema che poi impone un leggero abbassamento del ritmo con sensualità ("letmedownslow") e poi si riprende la giostra facendo uscire la voce di Mick sempre di più. Dal rock puro si passa al reggae urbano di "rainfalldown" che descrive la vita in una città che cade a pezzi, fredda e grigia, sotto una pioggia che invece di lavare sporca. Traccia 6 : singolo (almeno io avrei scelto questa) che si intitola "streetsoflove". Bella, evocativa e per alternanza di tempo ed emozioni in puro stile Stones. Grande performance di Mick Jagger. Eppure il bello deve ancora venire, infatti la traccia successiva è un blues notevole, "backofmyhand" che testimonia quanto gli inglesi siano ancora capaci di suonare nero. Ci avventuriamo poi tra donne perdute, uomini dominatori e dominati e tanto sesso con zio "mettiti in libertà" Keith che guarda un pò si sente solo ("thisplaceisempty") fino a leggere la traccia 12, "laughinearlydied", cupa riflessione di un uomo alla ricerca di una guida. Trovarla è difficile di questi tempi e per non suscitare dubbi su come la pensino i fratellini luccicanti ecco la zampata alla politica americana di questi anni con "sweetneocon" che inizia così : "Ti definisci Cristiano/Io penso che tu sia solo un ipocrita/Dici di essere un patriota/Io penso che tu sia solo un mucchio di merda/E, senti, io adoooro la benzina/Ne bevo tutti i giorni/Ma sta diventando un pò cara/Chi dovrà pagare?". Voi penserete : accidenti! mica ci vanno leggeri...date retta ancora è niente perchè continuano così : "E' libertà per tutti/La democrazia è il nostro stile/A meno che tu non sia contro di noi/Allora è prigione senza processo/Ma una cosa è certa/La vita va alla grande alla Halliburton/E se sei veramente astuto/Dovresti investire nelle Brown and Root". Il motore dicevamo, va bene e le unghie ancora meglio anche se nelle ultime date americane il gruppo ha fatto evidentemente una seduta di manicure e non ha suonato la canzone. Zappa si sarebbe tenuto le unghie lunghe ma lui non muoveva certe cifre…Il brano successivo, "lookwhatthe catdraggedin", ("guarda cosa ha portato il gatto", titolo stupendo a parer mio) ci racconta di un tranquillo giovanotto che alle nove di una domenica mattina mentre fa colazione e legge le ultime dalla Siria e dal Libano vede aprirsi la porta di casa ed entrare uno zombie dagli occhi arrossati reduce da una nottata pesantissima trascorsa con l'amicone Jack Daniels o chi per lui. Il giovanotto non giudica ciò che ad una attenta indagine sembra essere il suo coinquilino (o quel che ne resta), si limita a dirgli che ha un alito pesante e che sembra un appestato vestito da Sergente Pepper ("A leper dressed like Sgt.Pepper") e che, appunto sembra più un sorcio trascinato a casa dal gatto che un essere umano. Benedetti occidentali! Vi riducete così e vorreste dominare il mondo?
Dopo questo edificante quadro ecco ancora che parliamo di alcoolici e di quanto siano pericolosi per sè stessi e soprattutto per gli altri gli sbronzoni alla guida ("drivingtoofast"). Ci troviamo all'improvviso ipnotizzati dall'ultima traccia di "abiggerbang" che da schema è affidata alle corde smerigliate (vocali comprese) di Keith Richards che racconta di come tra due persone un sogno possa trasformarsi in incubo, tema ovvio ma ben raccontato, anche con virtuosismi linguistici è il caso di dire, come quasi tutte le storie di questo album.
Un illustre e mai dimenticato giornalista, tempo fa, disse: “Moriremo democristiani”. Si sbagliava (forse…), ma mi dà l’opportunità di porvi una domanda che ormai da anni mi frulla per il capo : moriremo rollingstoniani?

Alessandro Mannozzi

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