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Bob Dylan in action painting
Una colonna portante della musica in un affascinante puzzle di arte contemporanea.

Io non sono qui (I’m not there)
Di Todd Haynes
Christian Bale, Cate Blanchett, Marcus Carl Franklin, Richard Gere, Heath Ledger, Ben Whishaw nel ruolo di Bob Dylan
Con Charlotte Gainsbourg, Julianne Moore, David Cross, Bruce Greenwood
www.bimfilm.com/iononsonoqui
Dedicato alla musica e alle molte vite di Bob Dylan.


Chi è Bob Dylan? Il girovago menestrello beat che saltava da un treno all’altro inseguendo Woody Guthrie? Oppure il grandioso cantante folk, quello dei tempi che stanno cambiando? Una rockstar? Magari sbocciata tra i fischi a Newport? Un buon padre? Magari un cattivo padre e un cattivo marito? Un ateo o un infervorato pastore? Forse un attore? Un politico? Un trasformista? Un poeta, un arrogante, un sognatore, un fuggitivo, un romantico, un misogino? Un genio?

Il primo film su Robert Zimmerman autorizzato dallo stesso Bob poteva essere due cose. Una smielata ultracelebrativa oppure un capolavoro.
Se I’m Not There non è un capolavoro, Todd Haynes (nomination all’Oscar per Lontano dal Paradiso) ci è andato vicino.
Con la scelta coraggiosa di una narrazione senza continuità cronologica inquadrata da pochi essenziali riferimenti biografici.
Con sei attori chiamati ad interpretare lo stesso multiforme personaggio in un concatenarsi di eventi ed episodi tra il documentario, il narrativo e il fantastico.

Un ritratto caleidoscopico reso con bravura dagli interpreti. Il bambino Marcus Carl Franklin nel ruolo di Woody, the lonely hobo, che viaggia attraverso l’America alla ricerca del folk delle radici per terminare il viaggio ai piedi di Woody Guthrie morente. Christian Bale nei panni di Jack Rollins, cantautore impegnato per i diritti civili, innamorato di Alice (Julianne Moore, chiaro il riferimento a Joan Baez) e successivamente pastore John, folgorato sulla via di Damasco. Heath Ledger alias Robbie, attore nei panni di Jack Rollins, sposato con l’artista francese Claire (Charlotte Gainsbourg), padre di due figlie, padre e marito assente. Cate Blanchett, da Oscar nel ruolo di Jude Quinn, quello più intriso di riferimenti alla vita di Dylan; il tradimento al folk di Newport, il difficile rapporto con la stampa (Bruce Greenwood giornalista della BBC), l’incontro con Allen Ginsberg (David Cross) e con i miti di quegli anni. I 4 Beatles in un saluto veloce, burlesco, ma intimamente sereno e Brian Jones, quello della “cover-band che spacca”. Richard Gere è invece il fuorilegge Billy The Kid, fuggito dal mondo nella città di “Enigma”, da qualche parte negli States in un tempo imprecisato. A fare da raccordo Ben Whishaw o Arthur, poeta maledetto torchiato dalla polizia e dispensatore di citazioni.

Il risultato finale è un film difficile, dove ogni battuta è essenziale e ogni particolare è importante. Un film difficile ma estremamente affascinante. Una grande opera d’arte dipinta da Haynes. La moglie di Robbie, Claire, è un’artista, un’espressionista astratta alla Jackson Pollock e la scelta non è casuale. I’m Not There è un grande quadro astratto dove lo spazio e il tempo si intrecciano e si confondono. Dove l’arte spazia dai riferimenti allucinati e pop della “swinging London” ad un surrealismo rurale degno di Dalì. I’m Not There non è semplice biografia e nemmeno un’antologia musicale (I tanti capolavori della colonna sonora sono in gran parte interpretati da altri; da Eddie Vedder ai Los Lobos, da Roger McGuinn a Charlotte Gainsbourg, dai Sonic Youth a Sufjan Stevens.).
Io non sono qui è invece un’opera quasi psicoanalitica. Bob Dylan viene scomposto nelle sue tante facce per permettere allo spettatore di coglierne la complessa mentalità, i contrasti interiori e la lotta senza fine del genio con un mondo pronto a tirarlo da ogni parte per ogni scopo, a dare interpretazioni di ogni suo gesto e ad aspettarsi sempre il segno messianico che cambierà la storia.
Io non sono qui è un fantastico puzzle consegnato in eredità al pubblico che, dopo averlo ricostruito, potrebbe scoprire che Bob Dylan, in fondo, non è altri che Bob Dylan.

Matteo Vannacci

Special: I'm not here

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