. Soft Machine - Middle Earth Masters
madeleine peyroux Soft Machine - Middle Earth Masters
(Cuneiform/IRD)
www.cuneiformrecords.com

Revealing audiodocumentary on early Soft Machine live show

I Soft Machine di “Middle Earth Masters”, registrazioni in trio dell’autunno 1967,, pubblicato dai tipi di Cuneifrom grazie ai buoni uffici del critico e biografo di Robert Wyatt, Michael King, sono un gruppo ancora informe, indeciso nella strada da prendere altresì determinatissimo a provarci e a percorre il sentiero della non omologazione.
In questa registrazione - la gran parte del cd proviene da uno show al Middle Earth di Covent Garden a Londra il 16 settembre 1967 - l’atmosfera da Long Hot Summer of Love inaugurata a San Francisco e Londra qualche mese prima non si è ancora affievolita e la psichedelia è pura, inalterata, le droghe – è evidente – ancora di ottima qualità.
Kevin Ayers, da bravo chitarrista/bassista/cantante fa la parte del frontman senza evitarsi qualche cazzeggio mentre Wyatt e Ratledge ruminano nel background: il primo con i suoi rumori e le sue elucubrazioni metafisiche vocali come nella bella ballata finale “ A certain kind”( registrata da qualche parte nell’autunno del 1967 ma NON al Middle Earth), l’altro testando i limiti del suo organo Lowrey e dell’assorbimento, da parte di un pubblico benevolente e disposto a tutto, di un certo rumorismo più hendrixiano che cageiano.
“Middle Earth masters “ è una festa mobile di una macchina davvero morbida che velocemente, si sta plasmando sui cambiamenti intorno in tempo reale. Fanno fede i due brani del Maggio 1968 ( “That’s how muh i need you now “ w “I should’ve known “) che delineano la maggior precisione di intenti dei Soft Machine – che aveva sulle spalle un tour in Usa con la Jimi Hendrix Experience e la presa di coscienza di un pubblico underground lontano dalle origini canterburiane da vecchio continente dei nostri - anche se mancano di una forza coagulante.
Sarà l’ingresso del bassista Hugh Hopper, nel Febbraio 1969 a dare forma completa a un progetto, che dall’ingresso di Hugh in poi, prenderà in pochi mesi il volo verso lidi ignoti anche agli stessi musicisti. “Middle Earth Masters” testimonia la fase preparatoria e sperimentale di quel volo.

Ernesto de Pascale

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