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Sweet Soul Music, Porretta report 2004



Era Howard Tate, il cui ritorno sulle scene, segna la pagina più bella del soul negli ultimi anni, la conferma che tutti gli appassionati di sweet soul music si attendevano nella cittadina termale e il 67enne cantante di Philadelphia non ha deluso. Non di meno l’ancora più anziano Clarence Carter che con un set di vecchi successi come “Patches “ e brani nuovi ha dimostrato vitalità e classe, grazie a una voce il cui riconoscibile timbro rimane immutato. E’ stato il festival delle voci come si compete a un festival che da quasi venti anni rinnova gli stilemi del rhythm & blues di marca sudista e che onora Otis Redding, Rufus Thomas, la Stax in genere e i suoi accoliti.In una manifestazione in cui poche sono le cose cambiate rendendo forte il senso della stessa, Graziano Uliani, guru del Porretta Soul Festival, ha puntato ancora sulla qualità e sulla proposta differente da quella del resto degli usuali festival estivi dove si ripetevano per la centesima volta artisti visti e rivisti.


C’è chi non ha apprezzato l’accostamento del gruppo funky soul italiano Ridillo che si esibiti con il pianista brasiliano Eumir Deodato in un set non adatto al luogo, chi ha avuto da ridire sulla ripetitività di Millie Jackson che presenta uno stage act da cabaret di difficile comprensione se non puoi apprezzare la lingua e i suoi sfaccettati doppi sensi, chi si chiedeva chi è Dorothy Moore (… e farebbe meglio ad andarsi a leggere l’estensivo articolo sul n.55 della rivista britannica Juke Blues per schiarirsi le idee e rinsavirsi!), ma, dietrologia a parte, resta inconfutabile che bastino performances come quella di Howard Tate per ripagare l’ascoltatore. Tate, la cui carriera e’ rinata dal nulla nel 2001, per la prima volta in Europa, per la prima volta in Italia, apparentemente sperso nella atmosfera della cittadina termale delle montagne pistoiesi, spalla a spalla con il nuovo sindaco di Bologna Sergio Cofferati e il cantautore Francesco Guccini ( che non manca mai per questo evento ) non dava l’impressione di capire ma certamente apprezzava il calore che i presenti gli dimostravano. Tate è ancora eccezionale, la voce intatta, i salti di ottava precisi come i carpiati di un tuffatore olimpionico, lo stile da preacher inconfondibile, e quella capacità di ricaricarsi che può tramutare un qualunque concerto in un evento estatico. Accompagnato da una band di musicisti di San Francisco in cui spiccano il direttore dell’orchestra Austin de Lone( già Eggs over Easy, Elvis Costello, Homecookin’, la band di Anthony Paule il cui disco venne pubblicato nel 2001 proprio da Il Popolo del Blues…), Tim Wagar, uno dei più richiesti bassisti blues della Bay Area e musicisti che si alternano con band che variano dai più noti Huey Lewis and the News allo sconosciuto Terry Hanks, Howard si è potuto rilassare e, attraverso una lunga serie di classici dal suo capolavoro “Get it while you can “, pubblicato nel 1967 dalla Verve ma ben presto diventato rarissimo, ha dato dimostrazione di meritarsi le cinque stellette. Da “Stop” al brano che Janis Joplin portò al successo, da “Everyday i have the blues” a “ain’t nobody home “ il cantante nero ha suscitato negli ascoltatori i sentimenti più disparati come solo grande musica soul può suscitare. Il ripassare mentalmente i suoi tristi trascorsi ( vedi Pdb del mese di Giugno, Rosso Fiorentino e Jam del mese di Luglio 2004 ) accentuava ancora di più la gioia di vederlo sul palcoscenico di Porretta.


La sua esibizione ha messo in secondo piano quella, peraltro bellissima di Clarence Carter, che rimpallava sapientemente fra il suo repertorio Atlantic e quello più recente con una band solida e la classe del performer incallito che sa gestire qualsiasi pubblico. Cosa non facile a Porretta dove – essendo abituati a uno standard altissimo – il pollice verso è di casa. Una lotta fra titani, insomma, in cui ha solo prevalso la buona musica e la buona nuova di vedere due giganti ancora in buona forma. Pronti quindi a gettare le basi per la prossima edizione; sono pochi oramai gli artisti di quell’area di rhythm & blues che ancora non hanno partecipato al festival ma uno su tutti vogliamo citare e ricordare a Uliani ( cosa fatta di persona durante i tre giorni ): Al Green. Si chiuderebbe così un cerchio. Pronti poi a ricominciare da capo, magari con i giovani, magari con Joss Stone che a Porretta non stonerebbe certo!

Ernesto de Pascale


Foto Ernesto de Pascale


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