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ANTEPRIMA
Jackie Leven - Elegy For Johnny Cash
www.jackieleven.com



Recorded in Lebanon and mixed in Wales, the new Jackie Leven’s album, titled Elegy For Johnny Cash, is not only a trubute to this unforgettable artist and his American Recordings with Rick Rubin but is a truly a musical journey beetween folk, pop, rock and hip hop. The album of the year.

Dopo un particolarissimo doppio album inciso con Ian Rankin e composto da canzoni e dalla fiction narrativa Jackie Leven Said, Jackie Leven torna a far parlare di se con Elegy For Johnny Cash, un album dal fascino irresistibile che va al di là della sperimentazione per diventare un viaggio attraverso la musica toccando e integrando tra loro generi musicali diametralmente opposti come folk e hip hop o blue e pop. Registrato a Beirut in Libano su consiglio del produttore David Wrench, il disco vede non solo la partecipazione di musicisti locali come Mohammed Laroud al basso, Reza Almieri alla programmazione e alle percussioni e Sami Shakinsta al sintetizzatore ma anche quella di altri musicisti provenienti da altre parti del mondo come i greci Spiridon Anemogiannis all’ accordion e Mixalis Kataxanis alla viola nonché una vari ospiti alle voci. Leggendo il titolo, Elegy For Johnny Cash, si ha la sensazione che in qualche modo questo disco sia una sorta di peana funebre in salsa world all’indimenticato Johnny Cash o al meglio un tributo “particolare”. Niente di tutto ciò. Il concetto base però ha radici strettamente collegate alle American Recordings dell’uomo in nero con Rick Rubin, infatti laddove Cash aveva lavorato su brani dalle strutture musicali scarne, Leven ha costruito un disco dal sound trasversale e inconfondibile. Così sintetizzatori, percussioni, archi e accordion suonati da musicisti libanesi e greci danno a questo disco non un suono world ma un suono senza tempo che ricorda tanto il vecchio west quanto il futuro di una musica senza confini. Strumenti che apparentemente contrasterebbero troppo tra loro qui sono sposati felicemente in un amalgama sonora perfetta. Esempio lampante di questo concetto è la splendida title track, in cui Mixalis Kataxanis fa un lavoro strepitoso alla viola ma soprattutto Leven confeziona un brano eccellente in cui si respira tutta l’eredità di Cash essendo il brano a più strati e più livelli sonori. Non meno interessante sono inoltre
The Law Of Tide in cui Robert Fisher dei Willard Grant Conspiracy è ospite alla voce e il brano folk-hip hop All The Rage dove troviamo la voce di un vecchio amico di Leven, Martin Okasili. Non è assolutamente tutto qui perché il disco ha mille facce e mille risvolti tutti da scoprire con diversi ascolti ma certamente è difficile resistere, anche solo al primo ascolto a brani come Museum Of Childhood, in cui Leven racconta la storia dei pugili Sugar Ray Leonard e Roberto Duran, o alla potenza Vibration White Finger in cui emerge una invettiva contro il progresso che uccide la libertà delle mani costrette a movimenti ripetitivi. Reminiscenze dal passato di Leven emergono in King Of The Barley in cui tornano temi propri del folk inglese, al contrario dal presente più recente ci giungono due spoken word, il commovente In Memory Of My Mother e il breve frammento Why Log Truck Drivers Rise Earlier Than Students of Zen. Non resta dunque che immergersi nell’ascolto, questo è senza dubbio candidato ad essere uno dei dischi dell’anno per qualità e per intensità sia delle composizioni sia degli arrangiamenti.

Salvatore Esposito

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