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Presentazione del tour italiano di Brian Wilson

Le due date di Brian Wilson, sono, a buona ragione, uno dei più attesi eventi concertistici della stagione estiva 2005. Wilson, cinquantanove anni, già leader dei Beach Boys, il gruppo che nei primi sessanta meglio di chiunque altro interpretò l’estetica del surf con le loro intramontabili canzoni, è un genio, tutti si sono espressi così commentando la sua arte, da Paul Mc Cartney a Leonard Bernstein. Brian è anche un uomo torturato dalle proprie ombre e dai suoi fantasmi e la tournée, ed ancor prima, il ritorno sulle scene, sarebbe stato impensabile fino a pochi anni fa. Così come impensabile era credere che l’artista di Los Angeles avrebbe potuto un giorno portare a termine la sua opera prima, quel “Smile” rimasto incompiuto dai giorni delle sparse registrazioni del 1967 e pubblicato oggi in cd e in dvd. Wilson, all’epoca dell’”estate dell’amore” aveva forse dato già il meglio di se stesso con “Pet Sounds”, il disco definitivo dei Beach Boys, l’album a cui i Beatles si ispirarono per “Sgt Pepper lonely hearts club band” e con l’immenso sforzo nel realizzare “Smile“; un album apparentemente semplice ma dagli arrangiamenti sfaccettati e luccicanti. Brian non ce la fece e crollò. Un crollo nervoso, psicologico e lisergico che lo avrebbe portato vicino al baratro, da cui si sarebbe ripreso solo nella seconda metà degli anni novanta. Poi, nel 2001 l’incontro con il giovane Darian Sahanaja, tastierista ma soprattutto fan sfegatato di “Smile“ e più in generale del grande compositore californiano il quale aveva, nel corso degli anni, certosinamente collezionato tutte le registrazioni illegali del disco “disperso”.
In una lunga, complicata e a volte dolorosa operazione di recupero psicologico e psicoanalitico, Darian è riuscito a far ritornare a galla il Brian Wilson artista, creativo, magico, un piccolo George Gershwin dei nostri tempi. Documentato nello straordinario dvd dedicato alla “rinascita “ di Brian e di “Smile “, il disco “disperso”, questa la storia che Wilson porta oggi sul palco accompagnato da 10 musicisti guidati da Sahanaja.
Lo spettacolo di Brian Wilson è fondamentalmente un concerto di grandi successi: da “California Girls” a “Surfin’ USA “, da “Soopy John B.“ (da “Pet Sounds“) a “I get Around”, da “Help me Rhonda“ a “Barbara Ann” (ma c’è anche tempo per un omaggio al suo maestro Phil Spector con “And then i kissed her“ delle Crystals) fino allo speciale quarto d’ora dedicato al disco “Smile “ in cui il gruppo interpreta “ Our Prayer/Gee”, la straordinaria “Heroes & Villain“ per esplodere nella conclusiva “Good Vibrations“, lo show è il massimo che si possa chiedere alla valenza musicale e artistica di un ensemble in cui ogni singolo musicista doppia se stesso con strumentazioni complicate e tutte tese alla perfetta coloritura della tela musicale.
Wilson è un Van Gogh in musica, quindi; con le stesse problematiche mentali – fuori dal palco Brian Wilson è ancora ossessionati dalle "voci“ e il suo sguardo si accende solo al suono delle sue canzoni – ma anche con la stessa straordinaria sensibilità. Brian è però anche un uomo coraggioso: con una famiglia oramai decimata e il cugino Mike Lowe (l’altra voce dei Beach Boys) sempre sul filo della bega legale, l’artista ha avuto il coraggio di mettersi in gioco – per quante fossero state le richieste Wilson non aveva certo bisogni di questi concerti – e già solo per questo merita una attenzione speciale. Le grandi canzoni che ha scritto faranno il resto.

Ernesto de Pascale

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