. Lambchop - Damaged
madeleine peyroux Lambchop - Damaged
(City & Slang)
www.lambchop.net

Kurt’s darkest hour is a real masterpiece

Quanti conoscono i Lambchop dai loro precedenti capolavori quali “Nixon“ (2000) o i dai successivi “Is a Woman” (2002) o ancora dall’ultimo doppio
“ Aw C’mon/No You c’mon”( 2004) non resteranno sorpresi dall’enorme passo avanti compiuto da Kurt Wagner e soci. Ne è passato di tempo dalle canzoni sul patio di casa Wagner a Memphis, quando Kurt si prendeva un mese di vacanza dal suo abituale lavoro di imbianchino per radunare intorno a se ensemble variegatissimi.
Per arrivare fino a questo ”Damaged”, disco sfaccettatissimo e complesso ma allo stesso tempo in grado di mantenere intatto quel tono pastorale a cui Kurt e soci ci hanno abituato da molti anni a questa parte, Wagner ha lavorato sodo su se stesso, per sfuggire al tranello di ripetere una formula, in fin dei conti, sempre un po’ più vincente, da un album al successivo.
Andate , o almeno in parte, sono il lussuoso, e a volte lezioso, impulso country soul e/o il tono minimo ma costante di orchestrazioni preziose, da gustare lentamente, che sono sempre state il pezzo forte del gruppo. Si ascolti il conclusivo “The decline of country and western civilization” che potrebbe essere uscito da un vecchio disco di Van dyke Parks, e che strizza l’occhio al migliore Randy Newman, per capire cosa stanno diventando i Lambchop 2006. Wagner pare essere uscito dal suo piccolo mondo e osserva adesso dalla finestra ciò che lo circonda: al piano di Tony Crow e alla pedal steel guitar “climatica” di Paul Nichols si aggiungono nuovi strumenti e strumentisti, tromboni, altri chitarristi, un quartetto d’archi indisciplinato come se Kurt se sia andato cercando gli strumentisti a secondo delle necessità che i testi delle singole canzoni andavano richiedendo, per poter restituire la miglior fotografia sonora del suo fragile stato d’animo. Ciò avviene sin dal primo brano” Paperback bible”, una storia agghiacciante che non vogliamo rovinarvi il piacere di gustare, raccontandovela. E siamo solo all’inizio perché in “Damaged” ( lo stato mentale di Kurt ? ) si va avanti così fino in fondo ed è come leggere un capitolo per volta di un bel libro la sera tardi prima di addormentarsi, pur sapendo che quel libro racconta storie terribili, agrodolci, quando va bene. Wagner analizza se stesso profondamente, non meno che in altri dischi, cerca di trovare delle risposte ( “ il momento favorito della mia giornata/ è l’ora che precede il tuo ritorno a casa/ uno sfuggente senso di anticipazione/ qualcosa con cui ho imparato a convivere “) ma non ci riesce più di tanto, forse nemmeno vuole. “Damaged” è un disco tutto bello, un altro capolavoro della storia di Wagner e del suo ensemble. Ascoltato una volta non vorrete più toglierlo dal piatto. Stupefacente pensare che Candi Staton abbia rifiutato “I would have waited here all day” una delle canzoni più belle. Lotte da titani, lontane dalle logiche degli ascoltatori come lontane ci sembrano le storie di Kurt. Pazzesco pensare che sono tutte vere ma, la volta che ti accorgi che una di quelle storie è la tua, vorresti fuggire via urlando a squarciagola per sconfiggere la paura di vivere.

Ernesto de Pascale

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