. Fat Mattress - Magic Forest, the anthology
madeleine peyroux Fat Mattress - Magic Forest, the anthology
(Sanctuary )
www.sanctuaryrecordsgroup.co.uk

The Jimi Hendrix Experience’s Noel Redding extra curricular project, Fat Mattress was too young to die, too old to rock and roll. The anthology tells the ups and down of a good and skillful band swollowed up by bigger events on the eve of the seventies

In Italia al tempo dei loro unici due album, i Fat Mattress di Noel Redding - in vacanza forzata dalla The Jimi Hendrix Experience e alla ricerca di un po’ di giustizia creativa – non erano visti con occhio curioso né tanto meno interessato. La critica dava per scontato che un “esiliato” dall’Experience si portava appresso il ludibrio generale. Sbagliava, però, sia il pubblico che la critica.
Ascoltati adesso nella doppia ristampa della Sanctuary “ Magic Forest ( Fat Mattress + Fat Matress II + un singolo inedito di Jim Leverton, voce e basso del gruppo e una manciata di BBC Session) i Fat Mattress suonano originali e alla ricerca del proprio stile, grazie anche alla ricerca di Noel Redding di ritorno nel suo ruolo più consono, quello di chitarrista, e dei suoi soci, Leverton per primo.
Il doppio cd è una bella sorpresa: scopriamo essere Leverton ( già con The Walker Brother, Engelbert Humperdink e poi dopo con Ellis, Juicy Lucy, Savoy Brown, Marriott & Lane e Caravan in questi ultimi anni, oggi artista solista ) la forza motrice musicale della formazione.
Dalla iniziale “All night drinker” ( con il bel flauto di Chris Wood dei Traffic a svettare ),attraverso la rockeggiate “Mr Moonshine” che annovera un tipicissimo intermezzo – breve! - jazzato , il tardo beat di “I don’t mind” con tanto di coda raga , la personale “Little Girl in white” di Redding - un brano che Hendrix rifiutò dopo una prima registrazione con l’Experience - fino alla personale “The River”, una mini suite a tutti gli effetti per un ipotetico terzo album mai portato a compimento.
Fat Matress ( Jimi li chiamava “Tiny Pillow “ tanto per far girare i coglioni a Redding ) fecero obbiettivamente fatica a trovare la loro strada e a fare meglio dei tanti colossi musicali con cui dovevano quotidianamente vedersela. La band ebbe però soldi a disposizione, il management di Chas Chandler ( lo stesso di Hendrix, che comunque non gli fece nessun regalo) e la possibilità di esibirsi sui palcoscenici migliori del mondo. Arrivarono, putroppo, troppo presto gli scazzi, Redding venne richiamato “alle armi” da Hendrix, Chandler puntò i piedi per fare alla band un “provino” dopo due album ( ma come non li aveva sotto la sua ala da 18 mesi ?…)
Questo avveniva a una formazione che intanto annoverava vari cambi di line up ma l’inserimento di talenti appurati come l’organista Mick Waver (a.k.s Wynder K. Frog poi Strawbs) e il chitarrista proveniente da The Hill di Chris Farlowe, Steve Hammond; Steve – per la cronaca - portò con se un brano originale – già inciso con The Hill - che sarebbe diventato un classico dell’hard rock nelle mani dei Quatermass di John Gustafson, “Black Sheep of the Family “solo pochi mesi dopo, nel tardo 1970.
Fat Matress scomparvero nel nulla troppo presto, senza riuscire a partecipare all’esplosione del rock inglese, quellodai Black Sabbath ai Deep Purple, dagli Humble Pie ai Wishbone Ash: centinaia di copie fluttuarono nei mercatini, sulle bancarelle, nell’usato ma tutti, proprio tutti ( o quasi ) si tenevano ben lontani da quei dischi.
Riascoltati adesso possiamo dire a buona ragione che una valutazione più attenta avrebbe fatto scoprire a noi italiani un gruppo non meno interessante di tanti altri. Quei pochi che se ne accorsero inutilmente tentarono di convincere gli altri. Non vi fu modo di cambiare l’opinione comune e i Fat Matress dovettero attendere 36 anni per essere riscattati a pieno titolo dall’oblio di cui furono vittime non scelte.

Ernesto de Pascale

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