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canadian songwriters - Neil Young - Joni Mitchell - Willie P. Bennett
Canadian Songwriter


Willie P. Bennett e la sua eccellente tribute band Blackie & The Rodeo Kings

Willie P.Bennett is a minor Canadian songwriter, but Colin Linden and other Canadian artists made a tribute band for him, named Blackie & The Rodeo Kings. In last year he found his dimension like mandolin player in the Fred Eaglesmith band.


Figura minore quella di Willie P. Bennett, e sicuramente meno cult di quelle fin ora citate. Tuttavia la sua musica ha visto nel corso degl’anni una grande rivalutazione soprattutto da parte dei musicisti canadesi. Nato a Peterborough e formatosi artisticamente nella scena folk di metà anni sessanta, non trova sbocchi professionali per suonare se non nel 1972, due anni dopo lo troviamo nei London, Ontario's Dixie Flyers, tuttavia il suo primo album arriva solo nel 1975. Intitolato Tryin' To Start Out Clean, si tratta di una collezione dei suoi brani preferiti del suo periodo nelle coffeehouse. Il successivo Hobo's Taunt del 1977, vede la produzione di David Essig con la collaborazione di un giovanissimo Daniel Lanois. Il disco non riscuote grande successo che però arriva con lo storico Blackie And The Rodeo King. Dopo una lunga pausa nel 1989 torna a far sentire la sua voce con The Lucky Ones su etichetta Duke Street Records. Dopo un antologia di successi, con l’aiuto di Colin Linden e Colleen Peterson torna su alti livelli con Take My Own Advice, ma la carriera come solista sembra essere troppo faticosa per lui e così decide nel 1994 di entrare nella band di Fred Eaglesmith come mandolinista. La sua importanza artistica viene però messa in evidenza da un tribute band d’eccellenza composta da tre ottimi musicisti, Colin Linden, produttore e chitarrista di Bruce Cockburn, Tom Wilson, personaggio rock, fornt-man degli Junkhouse, molto popolare in patria, e Stephen Fearing, cantautore inglese di matrice folk-rock transfuga nell’accogliente Canada, che nel 1995 si ritrovano sotto il nome di Blackie & the Rodeo Kings, a rendere omaggio alla sua arte. Il primo album, High or Hurtin’ è datato 1996, e contiene ben 14 brani di Bennet il tutto condito da arrangiamenti eccellenti. Il secondo capitolo arriva nel 1999 con King of Love, un doppio cd contenente materiale originale e covers di brani dei maggiori cantautori canadesi: Cockburn, Wiffen, McLauchlan, Eaglesmith e, naturalmente, Bennett. Ritornano nel 2000 con Bark che su 14 brani ben 12 vedono la firma di Willie P. Bennett, tra questi una citazione meritano Willie’s Diamond Joe dall’appeal vicino al sound di The Band e Tie Me at the Crossroads con le chitarri i grande evidenza

David Essig

David Essig, is another american songwriter that found his success in Canada. His songwriting mixed studies of research about roots music and a pure talent.


David Essig, con Bruce Cockburn è colui che meglio è riuscito a rappresentare il cantautorato canadese nel mondo, soprattutto dal punto di vista sperimentale. Originario di Frederick, Md anche lui trova nel Canada il luogo ideale per fare crescere le sue canzoni. Abbiamo avuto modo di intervistarlo per capire meglio il suo percorso artistico. “Sono cresciuto suonando blues e bluegrass e più tardi sono venuto a contatto con la musica tradizionale e successivamente con quella dei cantautori. Poi mi sono reso conto delle mie qualità di compositore e ho cominciato a scrivere canzoni e ovviamente a fare dischi”. Dopo gli studi alla Washington University e una laurea in economia alla University of Wisconsin, Essig si trasferisce nel 1974 a Emsdale, vicino Huntsville nell’Ontario, dove comincia a suonare nelle coffehouse e nei Festival che si tenevano in quel periodo come il Mariposa, l’Owen Sound e il Frostbite (Whitehorse). “Era un momento di grande creatività in Canada, c’era molta amicizia e collaborazione tra noi musicisti e tutto questo si concretizzava in una grande energia in quello che facevamo. Sentivo soprattutto un grande interesse nell’auteniticità delle mie canzoni e delle mie performance”, così David ricorda i suoi primi passi nella scena musicale canadese. Nello stesso anno firma un contratto con la Woodshed e con questa etichetta comincia una collaborazione come produttore. La sua musica è fondamentalmente segnata dal blues e le sue canzoni risentono di un periodo storico di transizione: “Scrivevo molto in quel periodo, c’eravamo liberati della guerra in Vietnam e sentivamo un energia viva dentro di noi. Con la Woodshed stabilii un bel rapporto che mi permise di fare diversi dischi e soprattutto di produrre alcuni dischi importanti per Willie P. Bennett, Margaret Christl, Cathy Fink and Duck Donald, Dixie Flyers, Fred J. Eaglesmith, Tim Harrison, Humber River Valley Boys, Doug MacArthur, e Jackie Washington”. Il suo lavoro nonostante precorresse le ricerche di Ry Cooder, è sempre rimasto nell’ombra, essendo David più interessato allo studio che alla promozione di se stesso. La sua vita spesa tra canzone d’autore, country, blues e ricerca, è un concentrato di passione e coraggio, eclettismo e creatività. Negl’anni 80 debutta anche in Europa alla Mahogany Hall di Berne e trova grande popolarità in Italia, dove tra il 1980 e il 1991 torna per ben 15 volte. Di questi anni è il suo incontro con Bruno Morani di Spazio Musica nel cui libro celebrativo si racconta che David stava suonando una sera in un locale pallosissimo di Milano e alcuni ragazzi tra cui Lorenzo Riccardi lo invitarono a suonare nel celebre locale di Pavia. Dell’esperienza italiana ricorda: “Ho dei ricordi magnifici di quei giorni e soprattutto degli italiani, del mio manager Umberto Tonello, dei miei fans, della mia etichetta italiana la Appaloosa e del mio amico Franco Ratti. Ho sempre amato cantare in Italia, ho scritto delle canzoni lì da voi. Gli italiani a differenza degli americani, ritenevano che la mia musica non fosse semplice intrattenimento ma arte”. Nel 1981, arriva il suo primo capolavoro, In The Tradition, che riflette il suo lavoro di improvvisiazione strumentale. Successivamente la sua ricerca si sposta agli strumenti tipici dell’Asia come il Kayagun, una dodici corde coreana, che imparò a suonare a Seoul e che presto fuse con la musica americana nel suo disco Morning Calm. Guardandosi indietro nel tempo David ricorda: “Ho fatto tanta strada, tanti dischi, ho lavorato con tanta gente, personalmente ricordo con piacere David Wiffen, di cui posso dirti che era tremendamente timido quando noi mostravamo grande interesse per il suo magnifico cantato e per le sue bellissime canzoni”. Per comprendere la carriera di David Essig, è necessario affidarsi a Stone In My Pocket un doppio disco di cui ci racconta: “Volevo fare un riassunto dei miei trentacinque anni di cantautorato in un unico disco, che recuperasse lo spirito che accomunava tutti i miei brani. E’ stato un piacere ritrovarmi a registrare con miei vecchi amici e colleghi come Tobin Frank al basso e Oliver Schroer al violino. Questo doppio album raccoglie 30 delle sue canzoni suddivise in due dischi, il primo dal 1968-1984 e il secondo dal 1985-2003, tutte riproposte in una nuova veste. I brani nelle nuove versioni sono caratterizzati da eccellenti arrangiamenti acustici, conditi da chitarre, violino e mandolino, ma soprattutto dalla sua voce sempre bella. Le sue canzoni emergono in tutta la loro struggente malinconia, come dimostrano Falling, Woman in the snow, Rebel flag, While living in the good years, e il dolcissimo Blues for Giulietta.

Colin Linden

Colin Linden, producer, songwriter, and great guitar player, is the real new deus ex machine of Canadian Songwriter Scene.


Il nome di Colin Linden, è ormai sinonimo di produzioni sopraffine, la sua chitarra, la sua tecnica nel corso degl’anni sono diventati una sorta di marchio di fabbrica a cui i canadesi non sembrano voler rinuniciare nonostante anche le richieste da parte degli artisti statunitensi siano sempre più insistenti (come dimostra la partecipazione nel magnifico ultimo album di Cassandra Wilson). Se mai dovessimo individuare un uomo che attualmente rappresenta il suono del rock canadese tou court, il nome di Colin Linden sarebbe quello che emergerebbe per primo. Quasi trent’anni di carriera alle spalle Linden, si è guadagnato la sua attuale fama lavorando sodo prima come musicista poi imponendosi al fianco di Bruce Cocburn come produttore, fino ad arrivare a partecipare ad oltre 150 album e a produrre tributi importanti per Gordon Lightfoot, Howlin’ Wolf e Neil Young. Nell’intervista che ci ha concesso ci ha fornito un importante chiave di lettura alla scena musicale canadese, segno fondamentale della sua forte presenza come produttore, ma soprattutto ci ha raccontato del suo metodo di lavoro: “Ho prodotto molti dischi, è vero, ma la mia produzione è stata sempre focalizzata a valorizzare il suo dell’artista. Non ho mai cercato un sound mio personale. Certo il mio stile, la mia tecnica, senza dubbio lasciano un segno, tuttavia ho sempre puntato a valorizzare le canzoni degli artisti con cui collaboravo”. Parlando dei suoi interessi musicali ci dice: “Ho sempre amato il blues come forma d’arte, l’ho coltivato imparando a suonare la slide e ora finalmente corono il sogno di realizzare un disco interamente acustico, che uscirà ad inizio maggio in Europa”. Il disco in questione è Easin’ Back To Tennessee che abbiamo sentito in anteprima e che conferma a pieno quanto ci ha detto nell’intervista. Il sound che già ci aveva dato modo di assaporare nella bonus track di Southern Jumbo dello scorso anno, è scintillante con la sua chitarra sempre in evidenza e la sua voce ben in linea con il materiale cantato. A fargli da nume tutelare è stato forse Howlin’ Wolf: “E’ vero, senza dubbio, è stato il fatto di averlo conosciuto a spingermi a fare questo disco. Lo incontrai quando avevo solo sette anni e quando diventai suo amico rimasi legato a lui fino a quando ci lasciò nel 1976. Da lui ho imparato molto, ho avuto modo di conoscerlo bene e forse di rubargli il mestiere”.

La nuova generazione dei cantautori canadesi

A short but interesting travel in the new generation of Canadian songwriter with Stephen Fearing, Tom Wilson, Ron Sexsmith, Fred Eaglesmith and many others.


Se dovessimo tracciare un percorso della nuova scena del cantautorato canadese, sarebbe giusto partire da Stephen Fearing e Tom Wilson che abbiamo già incontrato parlando dei Blackie & The Rodeo Kings. Entrambi dopo questa esperienza si sono lanciati in interessanti carriere come solisti ed entrambi di recente hanno dato alle stampe due dischi interessantissimi, il primo con Yellow Jacket e il secondo con Dogs Years. Se Yellow Jacket di grande raffinatezza stilistica in bilico tra folk e canzone d’autore, Dogs Years è invece un concentrato di rock di grande livello. Entrambi i dischi rappresentano due lati della stessa medaglia, ovvero le due anime folk e rock dei Blackie & The Rodeo Kings.

Spostandoci verso sonorità meno legate alle radici, e al sound americano, è bene parlare di Ron Sexsmith, un cantautore vicino nello stile tanto al primo Rufus Wainwright, tanto al David Gray di Babylon. La sua identità musicale è in continuo movimento. Se Blue Boy vede l’intervento di Steve Earle e concretizza un intreccio di pop, soul e roots music, Cobblestone Runway sfocia in un sound ancora più moderno toccando anche l’elettronica. Non sorprendono nemmeno i suoi contatti con gli Ed Harcourt e alcuni membri dei Travis ma tuttavia il suo esordio e il successivo Other Songs, restano il meglio della sua produzione.

Recentemente scomparso Nicholas Godfrey, meglio noto come Nikki Sudden, è stato uno degli esponenti di spicco del movimento post punk. Autore prolifico, ha messo insieme grandi dischi dagli anni 80 in poi, prima con gli Swell Maps, poi come solista, e in diverse altre incarnazioni come i side project Jacobites e Franch Revolution. Proprio con queste due formazioni, Sudden attenua il suo spirito punk e poco alla volta si trasforma in un cantautore decadente in cui i numi tutelari sembrano essere Neil Young e Bob Dylan. I suoi dischi vibrano di quello spirito punk anche nei momenti più soffici, a volte poi si impennano in divagazioni garage o recuperano il folk malincolinico di Leonard Cohen ma la sua fama resta ristretta in un circuito cult senza grossi riscontri commerciali. Per capire il suo percorso artistico è bene affidarsi a The Nikki Sudden Compendium che mette insieme 21 traccie a partire dai suoi esordi, passando per tutti gli esperimenti compiuti nel corso della sua carriera. Una perdita importante per i Canada, ma più in generale per tutti gli appassionati di musica rock.

Sul versante dei cantautori canadesi transfughi in america troviamo Fred Eaglesmith, di cui abbiamo parlato qualche mese fa recensendo il suo doppio dal vivo della serie Bootleg Series. Eaglesmith, ha inseguito nella sua carriera artistica la sua passione per la musica Texana, inseguendo un sogno country-western che si è realizzato in un buon numero di dischi che gli hanno fruttato successo e una schiera di aficionados, rinominatisi Fredheads. Nella sua musica, più che il canada c’è il Texas, le sue storie richiamano il suo stile country-rock e l’unica cosa che lo riporta alle sue radici è l’approccio con il blues sempre misurato e rispettoso alla luce dell’insegnamento di Bruce Cockburn ma sempre con il desiderio di lanciarsi in sferraglianti cavalcate.

Un altro canadese che invece ha trovato in Italia, la sua seconda patria è Jamie Perry, alias Bocephus King, autore eclettico e musicista di indubbie qualità che nel corso della sua carriera ha saputo percorrere una sua personale via sperimentale a costo anche di risultare impopolare come nel caso del suo ultimo album. Il suo stile soprende per la capacità di saper mescolare stili e generi e di unirli in un suo personalissimo stile come dimostrano i suoi brani più interessanti On The Hallelujah Side, Where I'm Calling From e Lay Down.


Avevamo accennato prima a Rufus Wainwright e parlando di cantautori canadesi è bene includere anche lui, nonostante la sua inclinazione sia virata più alle sonorità anglofone. Figlio di Loudon Wainwrigth III e Kate McGarrigle (di cui abbiamo già parlato), Rufus è un alchimista di suoni essendo in grado di fondere il suo amore per l’opera italiana e inglese, con il pop e i suoni di Broodway e del cabaret francese, in uno stile personalissimo che gli ha già regalato non poche soddisfazioni. Se Poses del 2001 aveva dato un assaggio delle sue capacità, l’estremizzazione delle sue convinzioni arrivano al vertice nel geniale doppio Want One e Want Two, due dischi di rara grandiosità artistica, che non possono passare certamente sotto silenzio.


Parlando di cantautori, non si può in fine non citare Harris Newman, lui a differenza di tutti quelli citati fin ora, ha fatto della musica strumentale il suo personale riferimento artistico. Cresciuto con la musica di John Fahey e Bruce Cockburn, e dopo aver letteralmente vivisezionato il loro stile, Harris si è concentrato su un suo personale percorso che lo ha condotto ad essere uno dei più apprezzati musicisti strumentali canadesi. Nel suo recente album Accidents With Nature And Each Other, la sua chitarra pennella momenti di grande intensità accompagnata da arrangiamenti molto lievi che non intaccano il fluire delle note che escono dalla cassa armonica. Dalle note di questo disco emerge una musica immaginifica in grado di far trovare una sua collocazione anche senza parole come dimostrano brani come Cloud City, Lake Shore Drive e la title track.

Le cantautrici canadesi

The last step of our travel is in the female songwriting canadian scene with some surprice like Kathleen Edwards and Karen Kosowski.

Il cantautorato al femminile canadese rispecchia grosso modo quello femminile, c’è chi è innamorato del country come Anne Murray, chi invece come K.D. Lang si è dedicata ad un percorso più personale. Stravagante, personaggio quello di K.D., nella sua carriera ha attraversato prima una fortunata stagione come cow-punk-rockers, con la sua band The Re-Clines, a suo modo un tributo al suo mito Patsy Cline. Omosessuale dichiarata e attivista politica, la Lang si è da sempre rimboccata le maniche per il suo canada, ora combattendo per gli agricoltori, ora portando avanti un suo personale progetto per la difesa degli animali. Dopo aver dato vita a grandi dischi come solista e a collaborazioni eccellenti come quella con Tony Bennett, K.D. ha pubblicato Hyms of the 49th Parallel (il parallelo che divide il Canada dagli Usa) una disco in cui rilegge alcuni brani scritti da grandi del cantautorato canadese. "Questi brani sono parte del mio tessuto culturale, la mia colonna sonora canadese. Hanno nutrito il mio DNA musicale", diceva la Lang in proposito e grazie a questo legame la sua voce da nuovo splendore a brani la toccante After The Gold Rush di Neil Young e la splendida A Case Of You di Joni Mitchell.

Dagli anni 80 arriva poi Jane Siberry, cantautrice raffinata e capace di album di grande qualità come Summer In Yukon e di un trascorso ricco di esperimenti musicali a cavallo tra folk, rock, pop e jazz nonché di collaborazioni con personaggi del calibro di Brian Eno, Michael Brook, Joe Jackson.

Tralasciando la best-sellers come Terri Clark, Shania Twain, Alanis Morissette e Celine Dion, passiamo alla meno nota ma sicuramente più interessante Jann Arden. Nella sua carriera infatti ha raccolto la tradizione intimista degl’anni settanta, raccontando con grande dolcezza di esperienze personali e delusioni amorose, e non a caso spesso le sue canzoni sono state usate per film o pubblicità come nel caso di Intensive.

Spostandoci verso la scena blues, Sue Foley, un po’ come Fred Eaglesmith, ha preferito al freddo canada il caldo del Texas, dove ha trovato in Clifford Antone il suo mentore che gli ha permesso di sfornare a cadenza quasi fissa grandi dischi blues sulla scia di Bonnie Raitt, che come lei ha i capelli rossi. Eccellente il suo Big City Blues un po’ meno gli altri episodi tra cui il recente
Love Comin’ Down.

Simile il discorso anche per Rita Chiarelli, la cantautrice italo-canadese di Hamilton, Ontario, di chiare origini italiane, la cui fama di urlatrice blues l’ha portata in giro per il mondo dove ha avuto modo di sfoggiare tutta le sue doti di rock-girl passionale.

Più giovane è Kathleen Edwards con appena due album all’attivo entrambi molto apprezzati dalla critica. La sua passione e il suo feeling hanno fatto di lei una sorta di giovane epigono di Lucinda Williams come dimostrano le sue canzoni in cui dolcezza e sofferenza si alternano in un fluire di storie personali.

Spostandoci sul versante più pop, una citazione la merita la talentuosa, eppure poco nota, Karen Kosowski, cresciuta artisticamente sullo stile di Tori Amos, con Out Here At See ha trovato un atteso debutto con la partecipazione di due importanti session-man canadesi come Marc Rogers al basso e Ben Riley alla batteria. Il disco si muove su sonorità molto eleganti in cui a sonorità acustiche si uniscono lievi inserti di elettronica, con il piano però sempre protagonista della linea melodica. In questo senso molto riusciti sono i brani dall’appeal più pop (Tragic, Slide) che sembrano imboccare una linea creativa di grande freschezza.

Chiudiamo questo viaggio con Martha Wainwright, la sorella di Rufus, e anche lei figlia d’arte. Rispetto al fratello, è un artista completamente differente, e viaggia nei pressi dell’irriverente stile del padre Loudon. A dimostrazione di ciò basta citare Bloody Mother Fucking Asshole che inizia così: “Poetry has no place for a heart that’s a whore/and I’m young & I’m strong/but I feel old & tired/overfired”, e che sin da subito appre come una bomba-carta lanciata all’illustre genitore, che ovviamente non ha fatto una piega ma anzi ha apprezzato la sua pungente ironia. Per adesso ha alle spalle solo tre Ep e un disco, ma siamo sicuri che la storia del cantautorato femmine canadese passerà da queste parti.

Salvatore Esposito


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