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Gli scritti di Ernesto de Pascale su ilpopolodelblues.com

Inchiesta sui CD-R

Dati non ufficiali provenienti da 11 ipermercati lombardi della stessa catena parlano di 7 milioni di Cd registrabili venduti dalla società di Vimercate nelle proprie sedi nel solo mese di settembre di quest’anno. Un dato sconcertante che fa riflettere sulla più volte chiaccherata crisi delle vendite nel settore discografico.

I CD-R sono messi in vendita ad un prezzo medio di lire 3000. All’ingrosso costano circa 2000 lire, per grandi quantità si scende a 1500 lire, il costo dell’oggetto non supera le 800 lire. In Toscana il mercato dei CD -R è fiorente: Harmony, grossista con sede a Firenze, ne vende fino a coprire il 10% del proprio fatturato, un negozio importante come Mondodisco, sulla passeggiata di Viareggio ne ha venduti “…fino a un migliaio al mese – ci dice Oreste, il preparato e attento manager del negozio di Corrado Fontana, polso della musica sulla costa- ma adesso il dato è in calo. Però- conclude- saranno il punto di partenza della musica del futuro!”.

È chiaro che fra MP3 files da scaricare e Cd-R il quadro della musica da ascoltare cambia drasticamente!. Ci sono però molte piccole cose da sapere di cui forse non tutti sono a conoscenza. Facciamo un piccolo salto indietro nel tempo per raccontarle…

Quando nella primavera 1998 il colosso tedesco Philips vendette alla canadese Seagram (già padrona della MCA e della Universal Pictures) le sue aziende discografiche, dalla Polygram alla Deutsche Grammaphone dalla Polydor fino all Motown, era conscia che solo 24 ore dopo avrebbe immesso sul mercato (Italia inclusa) un ”masterizzatore” (l’oggetto con cui si copiano i Cd) a meno di un milione di lire.

Si chiudeva così il cerchio apertosi nei primi anni ottanta quando la stessa Philips aveva brevettato il raggio ottico che permetteva di leggere il dischetto compact. Con la vendita di quelle società la Philips aveva creato lo scompiglio desiderato, lasciando- come sempre – l’ignaro acquirente sempre più solo tra la giapponese Sony che tentava il rilancio – già una volta mancato – del Minidisc e l’avvento del DVD, un supporto video con ampiezza audio sette volte maggiore ad un normale cd; in altre parole i Cd di oggi saranno tra qualche anno obsoleti e vecchi senza neanche lo appeal del caro vecchio vinile e tutto questo solo a causa di una guerra politica che niente ha a che vedere con l’arte e la musica.

Chi ci rimette è chi vuole acquistare e godere a casa di nuova musica: stretti fra campagne fasulle (come quella già qui descritta dell’iva al 4% della Sony) e prezzi fluttuanti (il nuovo album dei Counting Crows (novembre 1999) oscilla fra le 31.500 di Milano (negozi Bonaparte) e 39.000 di Firenze (Ghost), fra nuovi oggetti da ascolto buoni solo per incalliti audiofili e super offerte in rete – basta dare un occhiata ai prezzi di cdnow.com e e amazon.com per scegliere!- l’acquirente, impaurito, vira sui CD – R e risparmia una bella cifretta.

Gli artisti, da parte loro si rendono conto che per vivere devono assolutamente vendere molte più copie di una volta e producono musica che sia in sintonia con le pretese dei network radiofonici e gli stilemi stilistici di MTV, emittente di video che rifiuta i video se non sono “in sintonia” con la loro linea di immagine editoriale, i locali non accettano artisti se non hanno un video e un singolo in rotazione, oppure si passa direttamente alle “cover” band.

Naturalmente sono pochi quelli che riescono ad attraversare indenni il fiume in piena e per molti siamo a livello di tristi tentativi e sinergie non sempre trasparenti, non sempre funzionali ai risultati.

L’acquirente non è tenuto a sapere ciò e forse non gli interessa più di tanto però si incazza quando un lettore Cd non legge un CD-R registrato altrove (non esiste uno standard e la cosa accade facilmente) oppure quando un artista ha inciso e stampato su formato Cd Plus (80 minuti) e il Cd-R non è in grado di contenere l’intero album, come per il più recente disco degli inglesi StereoLab, praticamente incopiabile. E ancora di più resterà stretto nella morsa quando scoprirà che i suoi cd sono da buttare via perché usurati e obsoleti o quando realizzerà che per scaricare i file MP3 dovrà spendere 1.500 lire – come richiede il sito italiano vitaminic – che non andranno all’artista direttamente ma un intermediario (ma allora che ci stà a fare internet? Quando si muoverà la SIAE a dare i permessi a tutti gli iscritti? si dice prestissimo).

Copiare un CD è un atto di poco rispetto verso la musica anche se reso quasi obbligato da quel che abbiamo descritto: Resta una vera strada di fuga: quella della indipendenza, che preveda la completa libertà di produzione e di distribuzione, tramite tutti i mezzi possibile. Una strada che ha sempre dato grandi frutti, a chiunque la abbia intrapresa e che metterà in salvo molti artisti incapaci a piegarsi ai voleri dell’industria, creando una nuova operativa, alternativa al sistema discografico.

Ernesto De Pascale

the state I'm in - novembre 1999