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Interviste

Intervista a Rachael Sage

22 aprile 2013 by Lucilla Fossi in Interviste

rachel sage haunted by you il popolo del blues

Cantautrice americana originaria di New York, Rachael Sage ci presenta il suo decimo album “Haunted by you”. Tra vicende di vita reale e di vita idealizzata, sentimenti contrastanti non meno appassionati e vissuti, Rachael si confida e si racconta attraverso le tredici tracce che compongono l’album dando vita a un progetto tanto ambizioso quanto veritiero e onesto che arriva dritto alla sensibilità e al cuore dell’ascoltatore.

Ascoltando il tuo decimo album “Haunted by you” è rilevabile il fatto che sia intriso di tanti sentimenti differenti. Puoi parlarci del “gioco di passioni”, se così si può definire, che si instaura nei brani di questo nuovo progetto?
Non lo definirei un gioco di passioni; o almeno, lo è in parte. Lo potremmo vedere come un “gioco” non intenzionato perché, in effetti, è stato molto più di un gioco. Ho avuto una relazione per tanti anni ed è stata una delle mie più belle esperienze di vita ma alla fine è arrivata a un punto di non ritorno. Si trattava del mio migliore amico, volevamo cose differenti dalle nostre vite. La passione che ognuno ha dentro di sé per qualcosa o per qualcuno è qualcosa per la quale ognuno di noi deve lottare, ma quando se ne va ti ritrovi fisicamente e spiritualmente come in una stanza vuota. Questo è il luogo fisico ed emotivo dove ha preso origine l’album: una stanza vuota dove ho pensato a cosa avrei voluto metterci dentro. Il primo elemento con il quale ho voluto riempire questa stanza vuota è stata la prima canzone che ho fatto, chiamata “Invisible light”. Realmente la luce ha avuto una funzione di musa ispiratrice e creatrice che mi ha influenzato spiritualmente e praticamente nella realizzazione del brano. L’album è caratterizzato da diversi sentimenti e tante combinazioni di disperazione, abbandono, amore e speranza.

“Invisible light” apre e chiude l’album. Parlaci di queste due versioni caratterizzate da due diversi arrangiamenti musicali.
Quando ho scritto la canzone solitamente accendevo candele nel “mio spazio”, questo luogo dove ero sola che, come ho detto, ha rappresentato il luogo d’origine dell’album. È stata molto importante l’atmosfera che naturalmente si creava intorno a me. Per me è stato come una sorta di momento religioso anche se non sono particolarmente religiosa ma onoro la mia tradizione ebraica. Questo luogo insieme alla propria atmosfera ha rappresentato il punto da dove iniziare e, doveva rappresentare il fulcro d’origine che mi ricordasse cosa volessi fare, chi ero per le mie persone care, per me stessa e per la mia storia di artista. Le due versioni sono state registrate lo stesso giorno. La prima ha un arrangiamento più pop-rock, che è quello a cui ho sempre pensato per il brano; la seconda è molto più improvvisata infatti tutti provavano a fare cose differenti. La seconda versione è caratterizzata da molte pause e da una lunga introduzione di violini. Anche il modo di cantarle è diverso. Non ho una preferenza tra le due, la prima è una versione più radiofonica e pop, io amo molto la musica pop, sono cresciuta ascoltando musica pop. La seconda versione è più diversa da me, mi riflette meno.

Sei anche una poetessa. Scrivi i testi delle tue canzoni come quelli delle tue poesie?
Non scrivo i miei testi come le mie poesie e non ho bisogno di differenziare i due procedimenti. Solitamente per quanto riguarda la musica scrivo musica e testo allo stesso tempo. La poesia è qualcosa che faccio più per me stessa.

Dove ricerchi e dove trovi la giusta ispirazione?
Trovo ispirazione ovunque. Scrivere qualcosa è un linguaggio creativo che mi può scaturire anche dall’ascolto di una conversazione, o nel guardare un paesaggio. Sono una persona che trova un significato in tutto ciò che la circonda, non tanto dal punto di vista religioso quanto da quello spirituale. Ho fede nell’essere umano.

Quanto sono importanti i luoghi come fonte di ispirazione?
I luoghi dovrebbero essere molto più importanti. È qualcosa su cui sto cercando di lavorare di più. È importante guardarsi intorno ovunque siamo. Per esempio, specialmente in questa città, Firenze, mi accorgo quanto realmente questo luogo sia un’importante musa ispiratrice. È la seconda volta che vengo a Firenze; la prima volta ci sono stata con degli amici e mi ha ispirato davvero tanto.

Sei una musicista versatile: voce, chitarra e piano. Puoi parlarci del tuo rapporto con questi diversi strumenti?
Suonare il piano per me è come respirare, è molto istintivo. La chitarra è per me uno strumento nuovo, è più limitata del piano, ma spesso nell’avere limitazioni si trova la semplicità, nella semplicità siamo più onesti, più diretti. La maggior parte della musica che amo è composta da pochi accordi. Nei confronti della voce ho una sorta di “mix di sentimenti” attraverso i quali mi approccio al canto. Qualche volta mi viene molto naturale, altre volte è molto difficile per me comunicare attraverso la mia voce.

Ti senti più musicista o cantante?
Mi sento molto più musicista. Tutte le volte che suono e canto è sempre come se fosse la prima volta. C’è stato chi mi ha consigliato di scrivere soltanto le mie canzoni e farle cantare a qualcun altro perché non ho una voce molto potente. Anche se la mia voce insieme al mio modo di suonare il piano fanno parte di me in uguale maniera.

Come è stato lavorare, e condividere il palco, con un’artista come Judy Collins?
Judy Collins è una grande voce. È stato interessantissimo e importantissimo lavorare con lei. È una bellissima persona, è molto facile amarla. Ho una vera e propria ammirazione per lei. Tutte le volte che guardo un suo show imparo sempre qualcosa di nuovo, tutte le volte mi lascio affascinare dalle sue storie, dalle sue canzoni e dal modo in cui si approccia alla propria musica.

Hai lavorato anche con Sarah Mclachlan?
Non ho avuto con lei un rapporto di amicizia ma è stato importantissimo conoscerla. Sarah Mclachlan ha un ruolo importante nella mia carriera perché ho aperto un suo concerto, ed è stato un sogno che si è avverato per me.

Ci puoi parlare della tua etichetta discografica “MPress”?
Mpress è sinonimo di buona musica. Il mio obiettivo è quello di trovare artisti che hanno una forte personalità. Sicuramente nel panorama dell’industria musicale contemporanea è difficile essere una singola personalità, credo che sia importante saper fare un po’ tutto. Infatti ripongo attenzione agli artisti, ai loro brani, ai testi dei loro brani e alla sicurezza che hanno nel suonare ed eseguire le proprie tracce.

“Haunted by you”, è il tuo decimo album. Pensi sia un punto di approdo o un punto di partenza per un nuovo progetto musicale?
Penso che questo progetto sia un punto di approdo quanto un punto di partenza. Sono molto contenta di tutti i brani. Penso che sia giusto avere una prospettiva di ciò che si fa.

Come definiresti questo album rispetto agli altri precedenti?
È difficile definirlo. Come ho spiegato, ho avuto un rapporto nuovo riguardo alla chitarra, questa è una novità. Sinceramente non do tanta importanza a quanto è diverso dagli altri, io cerco di fare qualcosa di buono; è la gente che si sofferma a notare le differenze. Il prossimo album vorrei fosse più rock e magari mi piacerebbe suonare la chitarra elettrica.

Haunted by you” rispecchia le tue aspettative?
Non avevo aspettative particolari riguardo all’album, ce le ho, invece, tutte le volte che suono dal vivo.

Lucilla Fossi