il popolodelblues

Interviste

Low, i primi 20 anni

3 novembre 2013 by Michele Manzotti in Interviste

 www.chairkickers.com

Con il loro ultimo album The Invisible Way (Sub Pop Records) hanno festeggiato i venti anni di attività. E grazie a un produttore di lusso come Jeff Tweedy dei Wilco, hanno pubblicato un disco di grande impatto. Alfieri del genere Americana (lo stile che sintetizza folk, rock e country in terra statunitense) i Low arrivano a Firenze dieci anni dopo aver aperto il concerto dei Radiohead al piazzale Michelangelo. Il trio (Alan Sparhawk, voce e chitarra, Mimi Parker, voce e batteria, John Nichols, basso) sarà al Teatro Puccini martedì 5 novembre alle 21. dopo che lunedì 4 avranno suonato all’Auditorium Parco della Musica di Roma (ore 21). Il tour si chiuderà il 6 novembre al Teatro Martinitt di Milano (ore 21). E’ Alan Sparhawk che ci parla dei primi 20 anni dei Low.
Pensando alla vosta città d’origine (Duluth, Minnesota) viene subito in mente Bob Dylan. Avete mai sentito il peso del suo nome?
«L’eredità di Dylan è molto forte. In fondo ognuno ha bisogno di un eroe e lui lo è. Io stesso sono cresciuto con la sua Rolling Thunder Revue. Ma quando abbiamo iniziato non abbiamo pensato a lui, piuttosto ad andare per la nostra strada. Fortunatamente non abbiamo avuto bisogno di crescere in una grande città. Quando nominiamo Duluth tutti la conoscono».
Avete lavorato con Jeff Tweedy dei Wilco nel vostro ultimo albun. Come è stato il rapporto con lui?
«Innanzitutto gli scambi di idee sono iniziati prima di entrare nel suo studio di registrazione. Ci seguiva, ma dandoci anche molta libertà. Anzi, se una cosa non ci convinceva ci incoraggiava a essere più coraggiosi nelle nostre scelte».
Dieci anni fa apriste l’unico concerto dei Radiohead in Italia a Firenze. Che ricordo ha?
«Innanzitutto la possibilità di visitare una città molto bella e di suonare all’aperto in un punto panoramico come il piazzale Michelangelo. Ma soprattutto ho notato che il pubblico venne anche per ascoltare noi che aprivamo per una formazione molto più famosa. Quando tornai a casa sei mesi dopo andai a vedere i Radiohead e mi accorsi che il gruppo di supporto era totalmente snobbato. Siamo stati fortunati».
Martedì a Firenze suonerete in un teatro e non all’aperto, così come a Roma e a Milano. Quale situazione preferite per esibirvi?
«Ovunque ci sia una bella atmosfera per valorizzare noi stessi. La dimensione del club ci piace, e anche il teatro ci è congeniale, ma a volte vedo il pubblico troppo rilassato sulle poltrone».
Ultimamente in Europa c’è molta attenzione per il genere Americana. A suo parere come mai?
«La musica negli Stati Uniti fa parte della nostra storia, delle nostre famiglie, della nostra vita. E’ un elemento presente nel cervello e nel cuore. Il segreto, almeno per quanto ci riguarda, è guardare avanti facendo la nostra musica originale. Il passato è importante ma bisogna guardare avanti».

Michele Manzotti

 

Tagged , , ,

Related Posts