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Yes, Teatro Olimpico, Roma, 1 giugno 2016

3 giugno 2016 by pdb in Concerti, Recensioni

www.yesworld.com

Grande attesa per il concerto romano degli Yes , il primo dopo la scomparsa di Chris Squire , fondatore e unico rimasto del nucleo originario della band . “Il Bradipo“ come forse poco elegantemente lo chiama Bill Bruford nella sua autobiografia , era il baricentro della band e dalle sue linee di basso si dipanava la matassa sonora del suono Yes quindi la curiosità verso ciò che il suo sostituto Billy Sherwood poteva fare era lecita. Sherwood, che era già era stato negli Yes anche se in un altro ruolo, se l’è cavata piuttosto bene grazie anche al fatto di essere già dal canto suo versatile polistrumentista e cantautore solista di discreto talento. Il resto della formazione che oltre ai “ probi viri “ Steve Howe ed Alan White vedeva in ordine di anzianità di ingesso, Geoffrey Downes e, ultimo arrivato, il cantante Jon Davison ha dato vita ad uno show intenso e convincente diviso in due parti.

Primo tempo dedicato al disco Drama del 1980, secondo invece al grande classico Fragile, il tutto inframmezzato da omaggi e puntate su altri episodi della lunga carriera della band. Il concerto comincia con un omaggio tutt’altro che scontato a Chris Squire: il sonoro di Onward, canzone del bassista realizzata per “ Tormato “ entra improvvisamente a coronare le immagini del volto di Squire, una mossa che poteva essere spiazzante per un pubblico abituato ad una musica suonata e non didascalica e che invece è stata accolta con grande emozione.

Poi è la volta di Drama , Lp all’epoca non pienamente apprezzato dalla critica che aveva vissuto con non pochi dubbi la sostituzione di Rick Wakeman e Jon Anderson con il duo Buggles , Trevor Horn e Geoffrey Downes. A parte l’ottima resa sonora che ne danno gli Yes del 2016 , è chiaro che la band oggi è al di fuori di ogni schermaglia e da giudizi e pregiudizi: si celebra la storia del gruppo, non gli stili e le capacità dei singoli. Così sarà per il resto del concerto. E’ lo stesso Howe a ricordarlo omaggiando un altro scomparso Peter Banks , deceduto nel 2013 e ricordato con “ Time and a Word“. Chiude il primo set “ Siberian Kathru “ da “ Close to the edge “. Dopo ben mezz’ora di intervallo , Gli Yes si ripresentano sul palco con un ottima interpretazione del brano ecologista “ Don’t kill the whale “ tratto da Tormato e subito dopo l’unico mezzo scivolone della serata: Steve Howe conduce il gruppo in una poco convincente versione di Owner of a Lonely Heart , forse l’unico brano dove un ottimo Jon Davison non riesce a convicere, ma è anche il resto della band ad essere opaca su una canzone che è evidentemente troppo lontana dallo spirito dei questa tournée e che in quest’occasione chiede troppo a se stessa.

Ma è solo un momento: si ritorna a volare alto con Fragile, la terra nella quale gli Yes sguazzano a loro piacimento per poi chiudere il concerto con Starship Troope , uno dei brani sempre presenti nelle scalette degli Yes. Tripudio finale: Il tour europeo è finito, si riparte a fine luglio agosto con gli USA dove la band riproporrà un altro album storico, Tales from topographic oceans, insieme al sempiterno Fragile, sicuramente le vetta più alta di una carriera oramai cinquantennale .

Ugo Coccia

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