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Interviste

Franco Mussida: “Perché la musica deve essere Slow”

12 agosto 2018 by Michele Manzotti in Interviste

www.francomussida.com

Foto concesse dal musicista

Dimenticatevi per un attimo gli anni gloriosi della Premiata Forneria Marconi. Oppure, se vogliamo andare ancora indietro nel tempo, il periodo dei Quelli e le sedute da session man nei dischi di Lucio Battisti dove nelle note di copertina era definito come Francone. Oggi Franco Mussida, in base alla sua militanza di lungo corso nella musica, ha deciso di farla apprezzare grazie a un dialogo con il pubblico unito ad ascolti mirati. Il chitarrista e cantante è stato protagonista di Come sarà il futuro della musica?, una conversazione con momenti di performance dal vivo all’Isola del Gigli Un appuntamento sotto il nuovo marchio di Slow Music.

«Mi sono unito – spiega Mussida – a un sognatore come Carlo Petrini, oltre che a Claudio Trotta in questa iniziativa nata recentemente; Petrini da tempo spiega la differenza tra un cibo industriale e uno fatto in casa. Io voglio fare lo stesso con la musica».

E’ stato uno dei temi all’origine della serata?

«Oggi i brani sono costruiti con mezzi che spesso fanno parte del patrimonio degli ascoltatori più che dei musicisti (computer, campionatori). E’ giusto che ci sia un’evoluzione nel linguaggio, ma molte volte questo non coincide con la qualità. E poi rischiamo di dimenticarci delle emozioni che ci accompagnano da quando siamo giovani».

Come mai?

«Le scoperte musicali arrivano durante l’adolescenza. Ciò che ascoltiamo in quel momento è qualcosa che noi percepiamo come rivoluzionario. Poi con il passare del tempo tendiamo a non cercare le stesse sensazioni nella musica che si evolve».

Quindi un appuntamento come questo serve a ritrovare lo stato emozionale?

«E’ stata scritta tanta musica bella che è giusto far conoscere. Per questo voglio dialogare con il pubblico, senza per questo rinunciare alla mia funzione di musicista. Porterò due chitarre interpretando brani esclusivamente strumentali».

Una scelta precisa?

«Il suono nasce senza parole: se queste vengono aggiunte allora si parla di altro come canzoni, cantate, opera. Nella mia attività ho lavorato per gli istituti di pena e contribuito a compilare delle audioteche apposite. Ma queste sono esclusivamente di musica strumentale come risultato delle mie ricerche sul rapporto tra gli intervalli tra le note e la personalità dell’uomo».

Perché questo spettacolo nasce al Giglio?

«Qui vengo da anni. Sono un gigliese adottivo e mi piace pensare che l’isola tutta possa diventare un presidio Slow».

Michele Manzotti

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