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Special

A voce sola

5 gennaio 2019 by Giulia Nuti in Special

Chitarra e sassofono protagonisti dei nuovi lavori di Giacomo Baldelli e Antonio Raia

Giacomo Baldelli – Electric Creatures (Sussidiaria/Audioglobe)
www.giacomobaldelli.it

Electric Creatures  è un titolo decisamente azzeccato per l’ultimo lavoro di Giacomo Baldelli, chitarrista reggiano ma ormai da diversi anni newyorkese di adozione. Lo strumento al centro è la chitarra elettrica, riscoperta in tutte le sue potenzialità e sfumature di tono, colore e dinamica e, soprattutto, votata ad una missione: affrontare la musica d’ avanguardia con l’attitudine del rock e con la volontà di avvicinarsi ad un pubblico che vada oltre gli appassionati del genere.
Giacomo è un chitarrista molto versatile, che oltre al diploma con lode in chitarra presso l’Istituto Superiore di Studi Musicali “A. Peri” di Reggio Emilia (dove ha insegnato per oltre dieci anni), vanta numerose esperienze sia nel mondo della musica classica che in quello del rock e della musica contemporanea.
Attualmente insegna a New York, dove è direttore del programma musicale della St. Brigid School e docente alla Third Street Music School.
Forse proprio questo incrocio di universi a cui appartiene contribuisce a restituire una chitarra elettrica “diversa”. E’ lo strumento che ben conosciamo associato ai grandi dischi del rock e pop (forse il più noto ed emblematico?), con la sua attitudine grintosa, la sua personalità, la sua capacità di cambiare pelle grazie all’utilizzo degli effetti, che questa volta mette in secondo piano le forme rock per il confronto con la partitura, la cura nell’interpretazione, l’incontro con il pensiero e le linee guida di compositori che hanno scritto appositamente per questo strumento.
Una sintesi, insomma, tra i punti fermi dell’interpretazione classica – anche contemporanea – e una voglia di viverla in modo diverso, in un melting pot che fa tesoro anche dello spirito e dell’approccio comunicativo di altri generi.
Per Baldelli hanno scritto Ryan Pratt e Nick Norton, due nuovi nomi del panorama contemporaneo americano, rispettivamente con i brani Two e Slow Earth, due avvolgenti soundscapes registati in questo disco per la prima volta.
Until it Blazes  di Eve Belgarian è un ping pong di note che, grazie ad un gioco di delays, rimbalzano dando vita ad un minimale ed insistente mantra ritmico, qui perfettamente interpretato dalla chitarra (con un cammeo di Kate Soper, finalista al Premio Pulitzer 2017) ma eseguibile, nelle intenzioni dell’autrice, da una varietà di strumenti che possono spaziare dall’arpa alla marimba.
Nascono invece con la chitarra elettrica ben chiara in testa le Three Electric Creatures di Andrea Agostini, tre virtuosismi in cui la chitarra oscilla tra ruvide distorsioni e l’eterea ricerca degli armonici, scritte per questo strumento e anche in questo caso incise per la prima volta in assoluto.
E’ un mondo a sé quello dell’eclettico compositore olandese Jacob TV di cui Baldelli propone  Grab it!, un futuristico hip-hop su traccia preregistrata (creata campionando frasi di carcerati condannati alla pena di morte), che mantiene tutte le caratteristiche del genere (la rabbia, il ritmo, la voglia di protesta) trascinandolo in una battaglia musicale “all’ultimo incastro” con uno strumento solo, in questo caso la chitarra .
Senz’altro un viaggio per chi ama la musica d’avanguardia, ma affascinante e coinvolgente per tutti e a cui dedicare almeno una volta anche un attento ascolto in cuffia

Antonio Raia – Asylum
(Clean Feed Records) www.antonioraia.com

Asylum è il disco di debutto del giovane sassofonista napoletano Antonio Raia, coraggioso sperimentatore che decide di cimentarsi in un album in cui fa del suo strumento l’assoluto protagonista. Dodici tracce per sassofono solo, in equilibrio tra avant-jazz e musica contemporanea, registrate in presa diretta nel refettorio vuoto dell’ Asilo Filangeri di Napoli, ex orfanotrofio in disuso.
Numerose sono le collaborazioni che Raia può vantare: Chris Corsano, Adam Rudolph, Elio Martusciello, Alvin Curran, Colin Vallon, Lisa Mezzacappa, solo per citarne alcune.
E’ un disco che attraverso la musica in qualche modo veicola anche un messaggio sociale, una riflessione sull’importanza dell’asilo e dell’accoglienza.
E’ quasi per contrasto che la musica ci porta in questo caso a riflettere: ci troviamo davanti ad un sassofono lasciato solo a confrontarsi con le sue possibilità espressive, spinto al limite, che abbandona volentieri il “bel canto” per la distorsione e gli effetti (tutti acustici e realizzati attraverso il modo di suonare, va precisato), che evoca melodie eteree o a tratti quasi piange.
Non è un ascolto semplice, come è facile intuire per la natura stessa del lavoro, ma può diventarlo per chi è pronto ad abbandonarsi ad un viaggio affascinante alla scoperta dei segreti più intimi della creatura di Adolphe Sax.
Si comincia tra respiri e rumori, quasi si fosse su un treno che parte, con un’irriconoscibile Torna a Surriento, un bell’omaggio alla tradizione partenopea che nel disco fa coppia con Dicintencello vuje.
Se Refugees è quasi un grido, The Lights Inside Scream lascia spazio ad un suono più caldo e pieno e a maggiori aperture melodiche, mentre There Is The Wind Among The Rocks sibila sinuosa ed associa il suono di sax ad un evocativo soffio.
La rumorosa The Sound Of Voices Mingled With Scraps  lancia una sfida a riconoscere il sound del sax, immerso totalmente nel noise. La segue a ruota la distensione (solo temporanea) del fischio “alla Alessandroni” che apre Fire On The Heart.
Follow The Trail ci guida alla scoperta dell’estensione acuta dello strumento,  The Children In The Yard introduce nella scrittura (per la quale Raia si serve sia di pentagramma che di grafici) un elemento più ritmico. To Giulia e Lullaby chiudono ammorbidendo i toni di questo lavoro, con due dei momenti più dolci e cantabili.
Manca da citare Misty, standard jazz (anch’esso stravolto) che assieme ai due brani tradizionali è l’unico non firmato da Raia.
La solitudine di Raia è solo apparente e per un ascoltatore attento non è difficile notarlo: al suo fianco c’è il fonico e compositore elettroacustico Renato Fiorito, il cui contributo non sta solo nel “cosa” sentiamo, ma nel “come” lo facciamo. Fiorito ha distribuito nello spazio di registrazione 10 microfoni secondo specifici parametri, che ci restituiscono la dimensione dello spazio, del riverbero, della minore o maggior presenza con cui è catturata la voce dello strumento, della sua trasparenza in contrasto con l’importanza volutamente lasciata al respiro e al tapping delle meccaniche.

Giulia Nuti

 

 

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