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Interviste

Trombone Shorty: “Porto nel mondo la nuova anima di New Orleans”

20 marzo 2019 by Michele Manzotti in Interviste

www.tromboneshorty.com

Sarà un tuffo diverso e originale nella black music. Trombone Shorty con i suoi Orleans Avenue sarà a Milano alla Santeria Toscana 31 (info www.barleyarts.com) il 27 marzo in unica data italiana.Troy Andrews, questo il suo vero nome, presenterà i brani del suo ultimo progetto discografico, Parking Lot Symphony: 12 tracce che presentano suoni e echi differenti, dallo swing delle brass band al funk, dalla bellezza del blues fino all’hip hop.

Il suono del trombone è ben noto nel jazz tradizionale. Quando ha deciso di cercarne uno diverso?

Sono cresciuto nel jazz dato che vivevo a New Orleans, ma ho suonato diversi stili musicali già da quando ero bambino. Le mie influenze spaziano da personaggi come Lenny Kravitz a Ray Charles, Foo Fighters a Zac Brown Band, Dave Matthews Band a Lil ‘Wayne, Master P, Juvenile, The Neville Brothers e Dr. John. Il mio stile è così riconoscibile: sono stato influenzato da un suono che è al di fuori di ciò che ho fatto alle origini. Cerco sempre di spostare la musica in avanti.

Quanto è stata importante New Orleans, per la sua proposta musicale?

La musica è il battito del cuore nel quartiere Treme di New Orleans, da dove vengo. Avevamo avuto tutti i tipi di grandi musicisti in giro, da mio fratello James e Kermit Ruffins e Rebirth Brass Band alla Dirty Dozen Brass Band. Sono stato in grado di crescere e vedere alcune cose in prima persona e da lì ho continuato a suonare e sviluppare il mio linguaggio. C’è sempre musica a New Orleans: anche le persone con cui sono cresciuto, che non sono musicisti, hanno avuto un’influenza su di me.

La sua musica è un mix di diversi generi e culture. Quali sono le reazioni del pubblico nelle varie parti del mondo?

Ovunque andiamo, la gente sembra amare New Orleans e da quell’amore sentiamo il calore della gente e l’eccitazione per la musica e le tradizioni della città. Poi, quando la folla ascolta il modo in cui suoniamo, e il modo in cui caratterizziamo la musica, si entusiasma ancora di più. Abbiamo dei fan che ci seguono da molto tempo, ma mi piace anche introdurre nuove persone al mio linguaggio musicale e fare nuove amicizie.

Ho letto che ha un’etichetta chiamata supafunkrock. Ha scelto personalmente i dischi per il suo catalogo?

Abbiamo usato il termine “supafunkrock” per descrivere la nostra musica, mettendo il nostro marchio sul materiale e creando il nostro stile di musica di New Orleans. Quindi non è un’etichetta discografica, anche se sarebbe un bel nome!

Ci racconta qualcosa del tuo show italiano: quanti musicisti saranno sul palco con lei e che tipo di repertorio proporrà?

Questo tour è con la band più grande che ho avuto in Europa: con due chitarre, due suonatori di sax, la mia sezione ritmica, e gli altri cantanti oltre a me abbiamo un totale di nove persone sul palco. Molti di noi sono cresciuti insieme. Posso alzare una mano e il gruppo saprà esattamente di cosa sto parlando senza che io debba dire una parola. I nostri gusti musicali sono universali e distribuiti in ogni genere musicale a cui si possa pensare. E quando inizia lo show, sia che si tratti delle mie canzoni, degli standard di New Orleans che suoniamo o di alcune cover, lo interpretiamo in un modo che non è mai stato sentito prima.

Michele Manzotti

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