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Special

Dino Betti Van der Noot, una vita per il jazz

30 ottobre 2019 by pdb in Special

www.dinobettivandernoot.com

Teatro Parenti, Milano, 19 settembre 2019

Si dice del jazz che questa musica abbia raggiunto ormai ‘un’età’, il suo secolare bagaglio. La prova della platea smentisce: le 500 poltrone sono occupate e gli spettatori sono in silenzio. La musica sembra fatta di aria. Due ore di lirismi e cambi di scena improvvisi. Lunghissime armonie che dalle parole del compositore: “devono evocare, non descrivere”. Poliritmie intrecciate, nascoste e quasi “impalpabili”. “Two ships in the night – ripreso da un verso della “Tempesta” di William Shakespeare – è un lavoro che nella coralità trova la sua forza. Il compositore Dino Betti Van der Noot presenta il suo ultimo “Two ships in the night” al teatro Franco Parenti di Milano, la sera del suo ottantatreesimo compleanno. Sarebbe difficile identificare Betti semplicemente come un jazzista: nato nel jazz e in una non meno intensa conoscenza della musica accademica, è andato molto oltre, esprimendo una cifra personalissima ed elaborando un linguaggio che è sintesi di una molteplicità di linguaggi e di esperienze. Innamorato della musica sin dall’infanzia, la vita lavorativa ne ha fatto uno dei personaggi più innovativi dell’advertising italiano. Fondatore della B Communications, ha saputo riversarvi anche il suo talento musicale, creando una serie di jingle indimenticabili, dal Ba-Ba-Bauli a Tuscany di Aramis, Gs, Autogrill, Clèo, Totip, Lazzaroni, Duracell e molti altri.Da oltre trent’anni, Betti pubblica incisioni che testimoniano dell’evoluzione e maturazione di un’arte che ha saputo stupire la critica internazionale e coinvolgere musicisti del calibro di Franco Ambrosetti, Paul Bley, Mark Egan, Bill Evans, Mitchel Forman, David Friedman, Donald Harrison, Carmen Lundy, Don Moye, Paul Motian, Giancarlo Schiaffini, Steve Swallow, John Taylor, Gianluigi Trovesi.

Entra sulla scena sorridendo, saluta il pubblico e invita la sua grande orchestra ad entrare. In prima fila, da destra: le cinque ance Sandro Cerino, Andrea Ciceri, Giulio Visibelli, Rudi Manzoli e Gilberto Tarocco. Scorrendo al centro il violino di Emanuele Parrini, il vibrafono di Luca Gusella, l’arpa di Vincenzo Zitello. E sempre in primo piano più a sinistra al pianoforte e alle tastiere Niccolò Cattaneo e Filippo Rinaldo, che danno le spalle alla batteria di Stefano Bertoli, le percussioni di Tiziano Tononi e la tabla di Federico Sanesi. Dulcis in fundo gli ottoni: le trombe Gianpiero Lo Bello, Alberto Mandarini, Mario Mariotti, Paolo De Ceglie e i tromboni Luca Begonia, Stefano Calcagno, Enrico Allavena, Gianfranco Marchesi. L’elenco letto è a tutto respiro. Sono 22 musicisti in totale. 23 con Dino: “Vi capita mai di sentire il rumore delle stelle? – domanda al pubblico il compositore, dopo aver appena messo in scena un suo lavoro del 1970. Se, a differenza di Betti, non vi siete mai messi ad ascoltarle in riva al mare, “Two Ships in the night” potrebbe essere un entrée.

Sofia Francioni

Dino Betti Van der Noot – Two Ships in the Night (Audissea)

Stile che vince non si cambia. Al limite si può variare, con altri titoli e altri spunti melodici. Ma il gusto della big band resta nel Dna di Dino Betti Van der Noot così come nei due casi in cui abbiamo recensito i suoi album su queste pagine. La sua è una orchestra jazz nell’anima, ellingtoniana nella concezione della completezza del suono e nel rigore, ma portata a sonorità che fanno parte della musica colta, del folk e talvolta anche del rock. Un ensemble che stupisce per compattezza e capacità dei musicisti di interagire fra loro, considerando che non si tratta di una formazione stabile. Sulle composizioni sottolineiamo il fascino della prima traccia The Deafening Silence of the Stars con la sua solennità, le soluzioni armoniche e dinamiche che a volte richiamano i corali luterani. Those Invisible Wings parte con un incipit tranquillo, dal sapore folk, per poi regalare passaggi che ricordano il free, mentre Blue Gal of My Life è una ballata la cui melodia ha uno sviluppo non scontato tra i vari timbri orchestrali. L’atmosfera della traccia titolo è una sintesi di quella percepita nelle cinque precedenti anche se la ricchezza dinamica ha come fine ultimo il silenzio che nasce dal caos, una prassi  (così come l’incisione completa) tutta da ascoltare.

Michele Manzotti

 

 

 

 

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