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Isabelle Huppert, Mary Said What She Said, Teatro della Pergola, Firenze, 13 ottobre 2019

13 ottobre 2019 by Michele Manzotti in Concerti, Recensioni

Foto (c) Lucie Jansch da Ufficio stampa Teatro della Pergola

Maria Stuarda attende la sua esecuzione. Ma il monologo mostra non tanto una regina arrivata al capolinea della vita, quanto una donna che in vista dell’appuntamento estremo perde il senno. Più simile a Ofelia che alla regina di Scozia antagonista di Elisabetta Tudor che ha decretato la sua esecuzione. Tornano i momenti della vita, la Francia con la rivalità di Caterina de’ Medici, il ritorno in Scozia, le battaglie contro gli inglesi. Pensieri che tornano più volte con le stesse parole, quasi ossessive come quelle dedicate alle quattro Mary che la circondano a corte. Un dramma della storia e della follia insieme affidato alla grande arte di Isabelle Huppert. L’attrice francese è protagonista unica di Mary Said What She Said di Darryl Pinckney, nello spettacolo curato da Robert Wilson, in esclusiva italiana al Teatro della Pergola di Firenze.

Il testo è costruito su una metrica dal ritmo forsennato, tanto che a volte la Huppert si alterna con la sua stessa voce registrata in precedenza. Figura ieratica all’inizio, la protagonista si muove poi come una bambola meccanica con vere e proprie coreografie che accompagnano la voce grazie a una ripetitività ossessionante. In questo monologo sono rari i momenti di stasi, quasi che Maria Stuarda voglia sfruttare tutto il poco tempo a disposizione prima dell’esecuzione per confessarsi a se stessa. Un fiume di parole che ha il limite, tecnico e narrativo, di dover scegliere un’interprete straordinaria perché lo spettacolo stia in piedi dall’inizio alla fine. Inoltre il testo ha come vera e propria insidia la musica di Ludovico Einaudi. Dovrebbe sottolineare i momenti dove la tensione sale, ma distrae dal suono della voce chiamata a una prova di bravura. Che c’è stata, dato che Huppert sa tenere la scena in modo impeccabile. Successo straordinario, per lei meritatissimo.

Michele Manzotti

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