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Recensioni

Michael Chapman, Circolo Arci Progresso, Firenze, 8 novembre 2019

12 novembre 2019 by Michele Manzotti in Concerti, Recensioni

www.michaelchapman.co.uk

Foto (c) Giulia Nuti

Ascoltare un concerto di Michael Chapman è un’esperienza mistica. Musicalmente parlando, s’intende, ma l’aggettivo non è usato a sproposito. Perché vedere un uomo vicino agli ottant’anni (classe 1941), abbigliamento semplice e berretto onnipresente in testa e poi sentire le prime note appena imbraccia la chitarra lascia una sensazione indimenticabile. Oltre 50 di carriera nel folk e nel repertorio acustico (che lo lega ad altri grandi nomi del genere quali Bert  rappresentano la base di un concerto tecnicamente ineccepibile e dalla creatività di altissimo livello. Inoltre riascoltarlo a distanza di pochi mesi (a maggio a Castelfranco di Sotto grazie all’opera meritoria di Musicastrada) è stato indubbiamente un privilegio. E anche l’associazione La Chute ha avuto il coraggio di portare a Firenze un musicista di prima grandezza che purtroppo non richiama il grande pubblico che meriterebbe. Eppure la maestria con cui affronta la sua chitarra sarebbe una lezione per tante band e musicisti per capire con quale rigore bisogna approcciarsi a questa attività perché possa (magari) diventare una professione. Dal suo repertorio, evidenziato dalle corde Elixir di cui è endorser, Chapman ha proposto brani come Time and Night (ripreso anche da Lucinda Williams), Just Another Story, la strumentale Caddio Lake dedicata a una località di confine tra Texas e Lousiana, Trains. Ci sono anche omaggi a Leo Kottke e John Fahey (Fahey’s Flag) con tanto di aneddoto su come è nata la canzone. La conclusiva Shuffleboat River Farewell, con le sue sonorità da inno, ha rappresentato il degno finale dove Chapman ha fatto semplicemente il suo mestiere, confermando la sua autorevolezza.

Michele Manzotti

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