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Giuseppe Capparelli – La giostra

12 febbraio 2020 by pdb in Dischi, Recensioni

(Produzione indipendente / distribuzione digitale)
Pagina Facebook Giuseppe Capparelli

La giostra, metafora infantile di spensieratezza e simbolo grottesco d’inquietudine. Allegria e follia confuse in un vortice della coscienza, in un viaggio circolare. C’è tutto, morte e amore, partenza e ritorno, nel primo album del cantautore calabrese Giuseppe Capparelli. L’antico carosello libera visioni oniriche e, allo stesso tempo, chiude le idee in un circolo vizioso. Il disco è un cerchio che si chiude: il primo album di Capparelli e l’ultimo arrangiato e prodotto da Piergiorgio Faraglia, chitarrista e cantautore romano scomparso prematuramente nel maggio del 2017, mentre ne stava ultimando il messaggio. C’è voluto del tempo, oltre due anni, da parte di Capparelli per riprendere in mano il lavoro fatto e decidere di completarlo. Il primo singolo è “Valzer”, brano essenziale ed intimista, una danza che unisce le chitarre elettriche di Marco Del Forno, il basso di Faraglia e il pianoforte acustico di Jacopo Carlini. Può, il batter d’ali di una farfalla in Brasile, provocare un tornado in Texas? Se è così, figuriamoci cosa possono provocare i maldestri comportamenti umani. E’ questo è il “Presupposto” del brano più elettrico del disco. Il testo ci porta in un mondo in cui l’umanità è ormai indifesa di fronte ai fenomeni naturali che si generano in maniera sempre più violenta. La tensione è accentuata dalla presenza continua ed insistente delle chitarre elettriche di Piergiorgio Faraglia. Ascoltare significa astrarsi in uno spazio onirico, in una carrellata di immagini. “Bologna” e la Magna Grecia, terra adottiva e terra nativa, si alternano nello spazio musicale di Capparelli. I “Primi sbarchi” nelle coste ioniche, “Il mare” e “La nebbia” che deglutisce il passato. Suoni elettrici e vibrazioni acustiche. “La vita e la morte”, e infine “La Giostra”. Canzoni che diventano metafore, idee che si liberano e corrono via dal vortice chiuso in cerca dell’ignoto.

Laura Tabegna

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