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Special

Paolo Benvegnù: “Questo disco mi ha reso felice”

13 luglio 2020 by pdb in Special

(Black Candy Records)
Pagina Facebook Paolo Benvegnù

Paolo Benvegnù ritorna con “Dell’odio dell’innocenza” un nuovo e interessante lavoro, a distanza di tre anni da “H3+”. Benvegnù oramai è una garanzia, è una delle figure più importanti di un certo tipo di musica d’autore e anche in questo lavoro troviamo le consuete caratteristiche, il marchio di qualità che lo contraddistingue. Un disco che già nel titolo svela i suoi contenuti: infatti l’odio e l’innocenza sono i due sentimenti che muovono la nostra società, che Benvegnù prende di mira affrontando il suo viaggio tra rabbia ed amore con chitarre sporche e piene di effetti, sintetizzatori, percussioni, ma anche chitarre acustiche, contrabbasso e pianoforte. “La nostra vita innocente” apre le danze, atmosfera soffusa per un testo comunque forte (“Io ti difenderò come solo gli animali sanno fare e se dovrò uccidere tutti lo farò, per preservare la tua bellezza incosciente e per salvare per sempre la nostra vita innocente”), suoni più roventi e parole pesanti con “Pietre” (“Venditori del mondo in occhiali assolati, le corone d’alloro sopra i volti azzerati, regalate dei fiori perché sono già usati, criminali assassini siete sponsorizzati”) e “Infinito 1″ (“Io vi uccido l’America perché non c’è più niente da desiderare, deodorante e ambizione, siete carne da cannone di una nuova rivoltante evoluzione, ma il mondo che vedete non esiste e tutto ciò che avete non esiste, il mondo che vedete non esiste, esisto solo io”), ancora ritmi ossessivi e intrecci con la voce di Orelle ( Elisabetta Pasquale) per ” Nelle stelle” (“Parlami dell’indecisione degli spazi vuoti, parlami di come cantano i bambini, parlami di come abbiamo fatto a trasformarci in veleno, da vergini di dio a tiranni di macchine rudimentali”), si ritorna alla classica ballata in stile Benvegnù con “Infinito 3″ (“Guardami negli occhi come se non ci fosse niente al mondo, guardami negli occhi come se non ci fosse niente, ci sono giorni da cui rinascere ed altri ancora da impossessarsene, come due stelle amarsi al buio, restare al buio”), arpeggi di chitarra elettrica ci portano a “La soluzione” ( “Combattere non serve a niente, è il volo degli uccelli che è sacro, nelle migrazioni fantasticare il domani e nelle macchine spente l’ amore assurdo dei cani, l’apocalisse dei semi che sanno diventare fiore, la vita è oscena, è un’astrazione, mentre la luna è meravigliosa “), chitarre incisive, batteria pulsante e un ritornello trascinante per “Altra ipotesi sul vuoto” (“Sei in lotta con il fuoco, sei milioni di milioni di umani, sei Neanderthal che addestra dei cani, sei la luce che accende come l’ombra che attende la tua parte migliore, sei la gioia e il dolore, sei l’amore incombente, l’apatia di uno sguardo, sei in attesa da sempre, ma sei sempre in ritardo “), ancora ondate di rock ed una sottile ironia in “Animali da superficie ” (“La perfezione è abbeverare il mondo, sole alla terra, terra ai vegetali, la soluzione è in mano agli animali, musiche da gorilla dentro ai centri commerciali, la costruzione è non costruire niente, bere la pioggia mentre all’imbrunire, tutto è raggiunto e tutto è da inseguire”). Lo strumentale ” Infinito 2 ” ci porta verso la fine del disco con due brani lenti ” Non torniamo più ” ( “Addio alle miserie infinite, ai dolori al denaro alle offese, sembra impossibile, come risorgere, sembra impossibile, ma stiamo volando via”) e un gioellino come “InfinitoAlessandroFiori” (“Perchè è la prima volta che non voglio morire, stringimi sono qui, tutto è silenzio intorno a noi, questo silenzio è solo tuo e mio, dimmi che sono anch’io nel tuo inferno”). Un lavoro arrangiato con classe, mai con un suono fuori posto, grazie anche a musicisti come Luca Baldini (basso, percussioni, sintetizzatore), Gabriele Berioli (chitarre elettriche e acustiche, sintetizzatori, percussioni), Daniele Berioli (batteria, percussioni), Saverio Zacchei (trombone, sintetizzatori, vibrafono, piano elettrico), dove emerge la voce sempre più avvolgente di Benvegnù e la sua poetica originale ed efficace. Un ottimo ritorno, un disco raffinato per un artista mai banale, che meriterebbe alti riconoscimenti, almeno in quegli ambienti che si ergono a paladini della musica d’autore.

Marco Sonaglia

 

Tracce

La nostra vita innocente

Pietre

Infinito 1

Nelle stelle

Infinito 3

La soluzione

Altre ipotesi sul vuoto

Animali di superficie

Infinito 2

Non torniamo più

InfinitoAlessandroFiori

Intervista in occasione della partecipazione al Festival delle Colline – Villa Medicea di Artimino (Prato), 8 luglio 2020

A gennaio lei aveva partecipato al Premio Ciampi di Livorno. Quanta ispirazione c’è da parte di Piero Ciampi nella sua musica?

«Sono sempre stato attratto da coloro che avevano un pensiero trasversale, o tangente al senso comune come Ciampi. Sono intriso di questa diversità che cerco ovunque: nella discografia, nell’arte contemporanea, nell’architettura. Ma anche nei gesti inconsci delle persone. Rimango sempre più accorato nei confronti della vita, ma anche nella difficoltà che ho nel non riuscire a farlo capire agli altri».

Il suo ultimo disco è caratterizzato da canzoni malinconiche, con una visione molto introspettiva. Qual è il collegamento tra un brano e l’altro?

«Da quando ho avuto un po’ di coscienza, iniziando a fare il musicista, ho sempre desiderato di scrivere un libro o una sceneggiatura di un film e poi lasciare che la storia si facesse un po’ da sola. La cosa bella è che con i miei compagni di strada, a fronte di alcune piccole intuizioni, felicemente (e anche velocemente) siamo riusciti a portare a termine questo disco. Certo è caratterizzato dal modo minore, ma è anche quello a cui ho lavorato in maniera più felice, grazie al contatto con persone meravigliose e ai posti piccolissimi che frequento normalmente».

In una nota lei dice che questo disco le è stato lasciato da uno sconosciuto. E’ il suo doppio o è un modo di dire che trova ispirazione dalle persone attorno a sé?

«Sono troppo piccolo per avere un doppio. Ma più vado avanti, più sono convinto che la nostra vita è una scheggia di quello che potrebbero essere altre vite. In una, lo sconosciuto potrebbe avermi mandato un disco, in un’altra ancora un uomo mi investe in motorino chiedendomi di smettere di fare musica, perché sono troppo triste. Alla fine con la poca saggezza che mi è rimasta penso che la mia vita reale sia quella meno cruenta».

Veniamo al festival delle Colline, come sarà il suo set?

«E’ un’atmosfera che ho sempre voluto vivere, tanti anni fa sono rimasto estasiato ascoltando Marc Ribot. Inoltre con me ci sarà Alessandro Fiori che è un genio assoluto, di una poetica “vegetale“: provate a pensarvi immersi in una pineta e con lui vivrete i colori e i profumi. Poi ci sono io che sono geometrico, gli faccio i trattini intorno. Lui suonerà da solo io con un chitarrista, Gabriele Berioli, tutto in acustico. Magari, visto che ritengo Fiori l’artista di richiamo, non mancherò nel frattempo di preparare caffè e spillare qualche birra».

Michele Manzotti

Paolo Benvegnù con Cesare Berioli al Festival delle Colline

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