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Roberta Finocchiaro: “Vi presento la mia anima Soul”

5 luglio 2020 by Michele Manzotti in Interviste

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Rifarsi alla musica che proviene dagli Stati Uniti non rappresenta di per sé un fatto eccezionale in Italia. Lo diventa se il lavoro qualitativo (scrittura, esecuzione, interpretazione) è ad alto livello e sopratutto sa entrare nello spirito del linguaggio musicale del genere Americana. Il fatto che a raggiungere tutto questo sia una musicista giovane, fa ben sperare per il futuro. Di Roberta Finocchiaro, classe 1993, cantante e chitarrista di Catania, è appena uscito l’ultimo album di inediti Save Live With The Rhythm (Tillie Records/Believe) inciso a New York e dedicato interamente al pianeta soul, funky e rhythm’n'blues. La musicista sarà sul palco del Cpm di Milano in occasione della finale della 17a edizione de “L’artista che non c’era”, premio della testata “L’isola che non c’era”.

La prima domanda è quasi ovvia. Quali ascolti hanno caratterizzato la sua scrittura?

Innanzitutto il jazz, che ascoltavo in casa perché mio padre è musicista. Quando ho iniziato a suonare a 10 anni mi piaceva Joni Mitchell. Poi con la mia prima formazione a 15 anni sono stata influenzata da tanti brani che vanno dai ’50 ai ’70 per arrivare alla mia passione personale per soul e rhythm’n'blues. Mi piacciono molto gli artisti che cantano e suonano uno strumento come John Meyer con la chitarra e Norah Jones con il pianoforte, una prassi che ritengo importantissima per me.

Questo è il suo secondo album in inglese. anche il precedente è stato registrato negli Stati Uniti?

Si a Memphis, Tennessee e l’atmosfera del disco era più legata al country folk. New York è stata la città che ha saputo tirare fuori il suono che avevo dentro, grazie anche alla produzione di Steve Jordan conosciuto principalmente come batterista dei Blues Brothers.

Parlava del suono che è una caratteristica molto importante del disco. Secondo lei quali sono stati i meriti di Jordan?

A casa ho registrato i brani con una bozza di arrangiamento. Poi glieli ho mandati e lui ha accettato di produrre il disco. Quando mi sono trovata nello studio di Brooklyn le esecuzioni dei brani sono state fatte dal vivo con gli altri strumentisti. Il risultato alla fine non è stato molto diverso da quanto lo avevo progettato a casa. Jordan praticamente ha elevato il suono. Inoltre è un musicista che valorizza lo strumento musicale senza dare al computer un ruolo importante, che sia la sua batteria o una chitarra da pochi euro.

Lei sta partecipando a un contest con una sua cover di un brano di Bruce Springsteen. Anche il suo stile fa parte del linguaggio Americana che le è proprio?

Più che come artista, apprezzo Springsteen nel suo modo di essere. Umile e con una grande umanità. Questo gli permette di mettere nei suoi brani le storie di tutti i giorni, la vita delle persone. Basti ascoltare un album come The River dove racconta esperienze dalle più semplici a quelle più pazzesche vissute dagli altri.

Veniamo all’attività dal vivo. Ascoltando il disco verrebbe da pensare che il suono che viene fuori dalle tracce lei abbia bisogno di musicisti intorno a sé. Come si presenterà a Milano?

Sono abituata ad adattarmi alle situazioni: da sola, in trio o in quartetto con le tastiere. Però il 18 luglio mi presenterò unicamente con voce e chitarra. Penso che anche in questa veste l’atmosfera e il linguaggio musicale dell’album possano venire fuori adeguatamente.

Michele Manzotti

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