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Interviste

Fabrizio Bosso: “Fiducia e affinità, i segreti di un buon jazz”

30 agosto 2020 by Michele Manzotti in Interviste

www.fabriziobosso.eu
www.serravallejazz.it

(Foto Roberto Cifarelli concessa da ufficio stampa Associazione Teatrale Pistoiese)

E’ una delle realtà solide della scuola trombettistica italiana. Fabrizio Bosso, jazzista piemontese, ha ricevuto il Premio Renato Sellani 2020 di Serravalle Jazz. Bosso si è esibito in concerto alla Fortezza Santa Barbara di Pistoia assieme a Nico Gori clarinetto e sassofono, Massimo Moriconi contrabbasso, Ellade Bandini batteria, Piero Frassi pianoforte e Stefania Scarinzi voce. «Sellani – spiega lo stesso Nico Gori, ideatore del premio – era un accompagnatore ideale per voci e strumenti: teneva molto a questa sua peculiarità. Inoltre Sellani aveva un rapporto speciale con Pistoia dove era spesso ospite. La caratteristica del riconoscimento è quella di evidenziare un musicista che abbia personalità, classe e propensione alla melodia. Il direttore artistico di Serravalle Jazz Maurizio Tuci ha voluto mantenere il premio anche quest’anno». Il repertorio sarà formato da standard americani, incursioni in epoche jazzistiche diverse e un omaggio al grande Louis Armstrong.

Fabrizio Bosso, ha avuto possibilità di conoscere Sellani e di salire con lui sul palcoscenico?

«Sì e insieme a lui è capitato anche di collaborare in formazioni diverse, in trio o quartetto, di conseguenza anche con musicisti importanti del jazz italiano. Lui mi ha accolto sul palcoscenico nonostante la differenza di età e grazie a lui ho imparato ad avere una visione molto aperta della musica. Non solo: mi ha raccontato tanti aneddoti ed episodi della sua carriera».

Ultimamente lei ha portato in tour il progetto Tandem, in duo con Julian Oliver Mazzariello al pianoforte. Anni fa eravate insieme negli High Five. Come è nato questo secondo sodalizio artistico comune?

«Nasce innanzitutto da un rapporto di fiducia reciproca. Dopo gli High Five abbiamo percorso strade diverse e lui ha dovuto fermarsi. Ci siamo ritrovati, anche perché abbiamo un background simile e passioni in comune come la musica per cinema. Alla fine è scattata la scintilla giusta: e proponiamo composizioni originali e standard jazzistici».

Lei, come tanti colleghi, collabora in varie formazioni. Quali sono le caratteristiche principali per l’avvio di un nuovo progetto?

«Bisogna essere portati ad avete affinità con gli altri musicisti. Quindi bisogna sapere che sul palco devi collaborare con persone che stimi non solo musicalmente ma anche personalmente. L’esecuzione jazz è fatta di creazione, improvvisazione e interazione con gli altri. Magari l’80 per cento del pubblico è portato ad apprezzare il risultato conclusivo e non il lavoro tecnico che invece è una parte importante. Se non c’è affinità è solo un esercizio di stile».

Nei mesi scorsi tutti i musicisti sono stati obbligati a restare in casa. In quei giorni ha pensato a nuove collaborazioni restando in contatto con i colleghi?

«Con il quartetto abbiamo di fatto riaperto lo studio di registrazione. Abbiamo inciso il nuovo disco nel giro di soli cinque giorni, tanta era la voglia di suonare insieme. Il lato negativo è che non stiamo andando in tour per poterlo presentare».

Michele Manzotti

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