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Fabrizio Tavernelli – Homo distopiens

4 novembre 2020 by pdb in Dischi, Recensioni

(Lo Scafandro)
Pagina Facebook Fabrizio Tavernelli

Fabrizio Tavernelli torna con un nuovo lavoro, a due anni di distanza dal precedente “Infranti”, un concept album cupo e claustrofobico dal titolo forte ” Homo distopiens”. Il cantautore di Correggio ci propone un disco che non cerca facili consensi, non punta a melodie orecchiabili o a sciocchi ritornelli, ma racconta la realtà senza freni, con un linguaggio caustico, crudo, sarcastico. Dodici tracce infuocate di elettronica, chitarre distorte, con atmosfere sognanti, ossessive e trascendentali. Si inizia con “Cose sull’orlo” quasi sospesa in aria e con un testo attualissimo (“Come la balena con la pancia piena di plastica e immense isole fatte di rifiuti conquistano gli oceani, ghiaccio che si scioglie, virus che resuscita nell’aria artica, l’ultima discarica lassù in cima al mondo che rotola dall’Everest”), ritmi serrati per “Distopia muscolare” (“Morbida, ipnotica, si insinua, si moltiplica, ostile impera, feroce si schiera, la terra si incendia, rende l’acqua tossica, inquieta l’umanità, rase al suolo le città”), “Tormentoni e tormenti” ha un suono industriale distorto e un messaggio molto chiaro (“Non ho tormentoni da darti, ho solo tormenti, non ho tormentoni da venderti, ho solo tormenti… Non ho tormentoni estivi ma glaciali destini, non ho tormentoni estivi ma delitti seriali”), “Lune cinesi” ha venature progressive e un recitato vocale suggestivo (“Lune che riflettono, lampioni che si spengono, luci del crepuscolo, fabbriche producono, bioritmi si sconvolgono, animali impazziscono”), “Spire” ci porta in atmosfere orientali con un bel sostegno di percussioni (“Niente che si impone, tutto crolla e si sgretola, fino alla visione, quando tutto tace, come quando si allentano le spire, quando pensavi ormai di soffocare”), ancora atmosfere arabeggianti, unite ad altre mistiche per “Oumuaamua”, una preghiera laica di forte impatto, sostenuta dal coro della cappella musicale di San Francesco da Paola di Reggio Emilia e dalla tromba di Simone Copellini (“Benedici l’elettrone, benedici il bosone, benedici la materia oscura senza nome, benedici la fisica che diventa mistica, ode all’invasione che mescola e scompone, la polvere del cosmo che da forma al nostro corpo, sonda aliena, lascia la tua scia”). Si ritorna ad un sound delicato con la toccante ” Il mondo senza noi” (“Voci flebili, tracce che si perdono, corpi gelidi, segni si cancellano, vuoti si aprono come voragini, guarda intorno, ora siamo invisibili”), venata di struggente malinconia la successiva “Secondo fine” (“Non ti uso per i miei scopi, non sei fine dei miei obbiettivi, non so neanche se ci sarai alla fine, no so neanche se ci sarò… Non sono la tua ombra, non sarò mai il tuo ieri, non agire per qualcosa, non aver nulla da guadagnare, niente di me da proiettare, non sei sotto la mia luce, la mia luce, la mia luce, che si spegne di fronte a te”), atmosfere lugubri e dark per ” L’uccello giardiniere” (“Fischio brillante, intreccio felci e speranze, una galleria d’arte che sgocciola, il colore dell’apocalisse prossima, nel mio giardino neve atomica, nel mio rifugio dalle tenebre, sui fiori polvere magnetica, la tana che sprofonda nel nulla”), un riff di chitarra e una macabra ironia sostengono “Pessimismo co(s)mico” (“Nessun marchio di moda in questa mia canzone, solo vesti stracciate, nessuna auto lussuosa ma lamiera arrugginita, sale la bollicina simpatica, ma un embolo da camere iperbarica, il segno sui polsi non è quello del Rolex, è il taglio delle vene”, ” Ruscarola” è un brano in dialetto emiliano sorretto da una drum machine e da un Farfisa ostinato, un bordone di viola e dell’elettronica sostengono il brano finale “Bargigli e pappagorge” (“E adesso dovrei scrivere una canzone piena di epicità che celebra la raggiunta senilità e invece col cuore vi dico che esser vecchio fa un po’ schifo, con le piaghe, con le rughe, con l’accidia”). Tavernelli ha curato con perizia questo lavoro, negli arrangiamenti sempre azzeccati, nella scelta dei musicisti, nei testi che sembrano valanghe di lava bollente e anche nella confezione cartonata , con l’ottimo artwork di Marco Marastoni. Un disco non facile, che merita vari ascolti, ma così attuale, così apocalittico, così tagliente, che vi permetterà di conoscere un vero e interessante outsider della nostra canzone d’autore.

 

Marco Sonaglia

 

Tracce

 

Cose sull’orlo

Distopia muscolare

Tormentoni e tormenti

Lune cinesi

Spire

Oumuamma

Il mondo senza noi

Secondo fine

L’uccello giardiniere

Pessimismo co(s)mico

Ruscarola

Bargigli e pappagorge

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