Un tuffo nel passato di una delle band il cui nome è il simbolo del genere progressive per eccellenza. Stiamo parlando dei King Crimson, creatura guidata da Robert Fripp il cui primo album, del 1969, In The Court Of The Crimson King, con la sua inconfondibile copertina rosa con il faccione e la bocca spalancata è spesso ritenuto l’inizio ufficiale della grande ondata del progressive inglese.
Non è a quel primo periodo, tuttavia, che Crimson ProjeKCt, poderoso sestetto formato dai chitarristi Adrian Belew e Markus Reuter, dai bassisti Tony Levin e Julie Slick e dai batteristi Pat Mastelotto e Tobias Ralph si rifanno.
La band pesca nel repertorio dei King Crimson anni Ottanta, momento in cui Robert Fripp e soci seppero inventarsi (per almeno la seconda volta nella loro carriera) un sound nuovo, altrettanto imprevedibile e originale, che conosceva bene il progressive ma abbracciava fusion, jazz, sperimentazione, new wave declinandolo secondo un paradigma dai toni più cupi rispetto al passato, energici, muscolari.
E’ il sound di Discipline, album pubblicato nel 1981 e che segna l’ingresso in formazione proprio di Belew e Levin, elementi cardine nella formazione dei Crimson ProjeKCt.
Mastelotto, altro membro originale dei King Crimson, entrò invece in formazione nel 1994.
Tutto questo per dire che se è il sound dei King Crimson di quel periodo che cercate, è esattamente quel sound che troverete in The Crimson ProjeKCt.
La loro esibizione è una delle occasioni migliori per assaporare dal vivo quel tipo di sonorità.
Sul palco del Viper Theather di Firenze i Crimson ProjeKCt hanno stravolto le aspettative riguardo al loro concerto, annunciato come un’esibizione in tre set separati: prima lo Stick Men Trio di Tony Levin (con Pat Mastelotto e Markus Reuter), quindi il tiro di Adrian Belew (con Tobias Ralph e Julie Slick) e poi i sei musicisti insieme a costituire gli headliner della serata.
Le scalette dei concerti precedenti avevano in realtà già fatto nascere il sospetto di un’esibizione decisamente più dinamica. E’ proprio questo dinamismo ad aver caratterizzato anche la data di Firenze (e l’intero tour italiano), con i musicisti che si sono alternati sul palco passando come camaleonti da una formazione all’altra.
Il risultato è quanto di più riuscito ci si potesse immaginare.
Non solo Crimson ProjeKCt nell’attesa formazione a sei (uniti per coinvolgenti interpretazioni di brani come One Time), ma anche, ad esempio, ottime esecuzioni in quartetto di Three of a perfect pair.
Tra i brani storici, Frame by Frame, Matte Kudasai (eseguita in duo da Levin e Belew), Elephant Talk per il finale di concerto.
Il tutto è stato intervallato dalle esibizioni dello Stick Men Trio di Tony Levin e del trio di Belew.
Più tecnico il primo e più indirizzato agli appassionati della musica di Levin, il trio è comunque la dimostrazione efficiente di come “Levin” e “stick” siano sinonimi: se c’è un’occasione buona per vedere lo stick utilizzato dal vivo, è senz’altro questa.
Pat Mastelotto dimostra grinta, gusto e naturalezza dietro i tamburi, una colonna portante per il set di Levin così come per l’intero concerto.
Levin familiarizza con il pubblico parlando italiano (è nella nostra lingua che traduce anche Crack in the Sky).
Adrian Belew è la rivelazione del concerto (se di rivelazione si può parlare, viste le già note abilità del cantante e chitarrista): carismatica guida per il suo trio, si dimostra virtuoso e al contempo espressivo alla chitarra, sfoderando altrettanta capacità nelle performance vocali. E’ un elemento fondamentale ogni qualvolta i Crimson ProjeKCt approcciano il repertorio del passato.
Le performance degli altri tre membri completano un concerto in cui tecnica e sensibilità vanno di pari passo: solido Ralph alla batteria, super grintosa la Slick al basso, preparato e convincente Reuter che imbraccia la touch guitar e si accolla il non facile compito di restituire molte delle trame chitarristiche.
Concerto da non perdere, specialmente per i fan delle sonorità di casa Cremisi anni ’80 e ’90 (ma anche per chi ha apprezzato un disco come The Power To Believe, del 2003, che in formazione oltre a Fripp aveva Belew e Mastelotto), quelle stesse sonorità che costituiscono oggi un riferimento per tanti musicisti più giovani in ambito progressive.
Giulia Nuti
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