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Special

Michael McDermott & The Westies

22 settembre 2016 by pdb in Special

The Westies - Six On The Out
Michael McDermott - Willow Springs
(Appaloosa / Ird)
www.westiesmusic.com
www.michael-mcdermott.com

Michael McDermott, cantautore newyorkese di origini irlandesi dalla carriera più che ventennale, può essere considerato in un certo senso un ponte tra gli esponenti storici del rock americano di matrice folk (Bruce Springsteen tra tutti, ma anche Tom Petty o John Hiatt) e le leve più giovani (Ryan Bingham, Hayes Carll, per citarne un paio). Cantore delle grandi realtà urbane americane e delle sue alienazioni, è artefice di un suono sempre in bilico tra atmosfere acustiche e vibrazioni più elettriche. Specchio di tale complementarietà è la sua produzione ultima: agli inizi dell’anno un disco con la sua band, i The Westies (“Six On The Out”) ed un lavoro solista più recente, “Willow Springs” – entrambi per l’italiana Appaloosa Records (encomiabile da parte loro la presenza di una traduzione in italiano dei testi nei libretti dei CD). I The Westies prendono il nome da una gang irlandese attiva fino ad una trentina di anni fa a New York, più precisamente nella zona di Hell’s Kitchen. La “Cucina dell’Inferno” è un luogo profondamente radicato nell’immaginario collettivo americano: l’archetipo del quartiere proletario dove un panorama di microcriminalità e degrado fa da sfondo a storie di profonda umanità. Ecco quindi che nelle 11 tracce di “Six On The Out” si alternano vicende di ex-galeotti in cerca di redenzione (“Once Upon A Time”) o di mera sopravvivenza (l’iniziale “If I Had A Gun”), amori impossibili vissuti on the road (la potente “Santa Fe”), tragiche ironie del destino (l’atto finale di “Sirens”). Il tutto orchestrato da una band impeccabile, che non teme di fondere sonorità quasi indie (le chitarre elettriche di Will Kimbrough fanno un gran bel lavoro in tutto il disco) con strutture armoniche proprie del folk (non mancano le reminiscenze irlandesi, come il penny whistle nella iconica “The Gang’s All Here”).

“Willow Springs”, in quanto sforzo solista, si svolge con le sue 11 canzoni su un tessuto tendenzialmente più intimista: diversi pezzi (ad esempio l’evocativa “Getaway Car”, la delicata “Butterfly”) sono caratterizzati da un sottile dialogo tra pianoforti e chitarre acustiche, sebbene non manchino soluzioni di ogni tipo: d’altronde è proprio del songwriting di McDermott il richiamo alle influenze più disparate del genere: qua e là affiora il talking di Bob Dylan, il respiro notturno del primo Tom Waits, persino un accenno di soul (le sezioni di fiati in “Let A Little Light In”) e di country blues (“Willie Rain”). Non è facile tracciare una linea di demarcazione netta tra “Six On The Out” e “Willow Springs” (complice il fatto che alcuni musicisti – Kimbrough fra tutti – sono presenti in entrambi i dischi). Quel che conta è che ci troviamo di fronte a due ottimi prodotti, preziosi per chiunque sia innamorato di quei folksingers urbani che cominciarono a calcare la scena americana dalla metà degli anni ’70.

Pietro Rubino

 

 

 

 

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