il popolodelblues

Interviste

Kenny Wayne Shepherd: “Vado oltre il blues”

19 luglio 2017 by Stefano Tognoni in Interviste

www.kennywayneshepherd.net

Kenny Wayne Shepherd torna in Italia con la sua band domenica 23 luglio al Carroponte di Sesto San Giovanni (MI) nell’ambito di Bloom in Blues. Lo abbiamo intervistato prima di questa data (foto Kristin Forbes)

Non abbiamo ancora avuto la possibilità di ascoltare il tuo nuovo album, prossimo all’uscita, Lay It On Down. Conferma il tuo ritorno al blues, o hai voluto sperimentare anche ulteriori sonorità ? Dove è stato registrato ? Hanno partecipato anche degli ospiti celebri, come in altri tuoi cd?

“A differenza del precedente, la mia intenzione era di essere più rock e contemporaneo. Ci sono dei momenti molto energici ed altri più morbidi, l’idea era quella di spingere oltre il classico blues sound. Qualcosa di ben più fresco, che non suonasse come quello che ti aspetti, mai standard per dirla in una parola. Mi piace troppo il risultato”.

Fai parte di una generazione di chitarristi rock/blues molto numerosa e qualitativamente elevata, oltre a te possiamo citare Joe Bonamassa, Jonny Lang, John Mayer, Eric Gales e il compianto Sean Costello, solo per citare i più noti. Questa feconda nidiata, credi sia casuale, o ci sono delle cause che hanno portato alla vostra uscita più o meno contemporanea?

“Mi collego al mio discorso di prima…andare oltre quello che consideri blues è proprio quello che han fatto i nomi dei grandi chitarristi che hai menzionato. Tutti siamo partiti dalla stessa base, poi ognuno ha inserito elementi rock, soul o persino pop che poi hanno attratto l’interesse di un pubblico più vasto. Sono tutti arrivati sulla scena con differente successo se vuoi, parlando ad un pubblico diverso e non scontato. C’è un nuovo interesse verso il genere e sembrano passati gli anni bui della scorsa decade, il problema rimane un cambio di passo dei media ai quali rimane la responsabilità diretta o meno di passare musica di qualità senza appiattirsi su formati oramai divenuti uno standard che sforna cloni senza anima e senza una vera base”.

 Quanto è pesato nelle tue scelte musicali essere considerato una sorta di ragazzo prodigio ?

“Beh se ci pensi vale anche per Joe Bonamassa, Jonny Lang ed altri ora vedi Quinn Sullivan…senza cadere nella retorica del caso, le ore passate sullo strumento e a migliorarmi mi hanno insegnato a non giacere sugli allori. Il successo quasi immediato era anche supportato da un mercato discografico che oramai sembra quasi del tutto scomparso”.

Quanto è stato importante poter frequentare fin da giovanissimo, grazie all’attività di tuo padre, grandi nomi del blues e del rock ?

“Una vera fortuna essere cresciuto in un mondo di suoni e di colori come pochi altri. L’impatto visivo e sonoro di artisti come James Brown, ZZ Top o, in linea di tempo, uno come Eddie Van Halen e poi Steve Vai proiettavano sullo spettatore una sorta di sogno divenuto realtà, volevi essere come loro.  Ho cercato solo di carpire il loro segreto, il dettaglio che li rendeva autentiche leggende”.

Nel corso della tua carriera hai suonato su cd o dal vivo con decine di artisti considerati dei veri miti della musica. Con quale di questi hai provato maggior emozione? Hai un episodio particolare legato ad uno di loro?

“Suonare con gli artisti che hanno accompagnato musicalmente la mia infanzia rimane tutt’ora la realizzazione di un sogno ad occhi aperti. Ricordo come un figura paterna BB King, avrei degli episodi legati alla sua presenza, ma volendo menzionare un’altra leggenda, un momento bellissimo riguarda Buddy Guy: come spesso accade in vari concerti, mi trovavo al lato del palco a guardare lo show. Ad un certo punto, senza che me lo aspettassi, mi ha chiamato fuori per suonare con lui e non avevo una chitarra e lui mi mette in mano una delle sue: sono uscito sul palco e vai di jam…stavo volando sulle nuvole. È stato indimenticabile. Incontrare Steve Ray Vaughan, altro momento memorabile, ma non saprei distinguere in termini di importanza a dire il vero. Dove mettiamo The Rolling Stones o Bob Dylan o Van Halen? Ho suonato con tutti i miei eroi… Eric Clapton!”

L’approccio del pubblico europeo, durante i live, è differente o uguale a quello statunitense ?

“Quello che è successo nei tempi più recenti con il pubblico europeo forse viene da lontano, dal fatto che una volta forse ci si concentrava solamente sul mercato americano, e mentre al di là dell’oceano crescevano i fans, nessun promoter ti portava a coltivare quel mercato se non in occasioni di festivals o poco altro. L’affetto e la passione che si vede dalle tue parti e` veramente unica…e ti viene da chiederti come mai non te ne sei accorto prima…i tempi cambiano e finalmente si riesce a coprire un territorio più vasto”.

Che strumentazione usi abitualmente dal vivo?

“KWS Fender Signature Series guitars, ovviamente con orgoglio, e come amplificazione abbiamo due ’65 Twins ed un ’59 Bassman (reissues)”.

Insieme a Stephen Stills e Barry Goldberg hai formato i Rides e prodotto due ottimi cd. E’ un progetto che avete intenzione di proseguire?

E’ un vero onore poter suonare con la storia della musica Americana su due gambe. Il progetto rimane una delle mie priorità artistiche e abbiamo in lavorazione un terzo album e possibilmente un tour, se i tempi e tutto il resto lo permetteranno. The Rides ha una sua anima e merita una sua longevità”.

Stefano Tognoni

 

Tagged ,

Related Posts