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Interviste

Henrick Freischlader: “Fortunato grazie alla mia band”

26 dicembre 2018 by pdb in Interviste

A collloquio con il bluesman tedesco Henrick Freischlader in occasione dell’uscita del suo ultimo disco

“Hands On The Puzzle” è il tuo ultimo album: riprende certe sonorità funk / soul già presenti nei tuoi lavori precedenti, ma che qui sembrano più evidenti. Ci sono motivi particolari che ti hanno portato in questa direzione?

Non proprio, vado sempre a sensazione, ispirato più che altro dal flusso di ciò che accade intorno a me. Naturalmente ogni membro della band crea una parte del nuovo suono – proprio come un puzzle, insomma!

Ci sono stati degli artisti particolari che ti hanno ispirato durante la composizione delle canzoni di “Hands On The Puzzle”?

Beh, ci sono sempre tanti artisti che continuano a ispirarmi negli anni. Mentre stavamo registrando “Hands on the Puzzle” ascoltavo molto i tre King – Freddie, Albert e B.B. – ma anche Funk, Soul – cose tipo Sly and the Family Stone, The Meters, Otis Redding per intenderci– ed anche un po’ di New-Soul; D’Angelo, ad esempio, è uno dei miei artisti preferiti. Ma in generale mentre registro un album cerco di creare qualcosa che sia un quanto più possibile personale, senza farmi influenzare più di tanto.

Ci sono delle canzoni che hai lasciato fuori da questo disco? Hai dovuto fare scelte sofferte?

Sì, ci sono alcune canzoni o registrazioni-demo che non sono state messe sul disco perché magari non erano così adatte come altre. Ma dato che siamo già in preparazione per il prossimo disco, sono sicuro che ci sarà la possibilità di alcuni ripescaggi. Non è mai comunque una scelta difficile, tutto accade naturalmente.

Un buon numero dei tuoi dischi porta solo la tua firma, mentre molti altri (come l’ultimo) sono esplicitamente attribuiti a una band. Qual è la differenza nei due approcci?

Quando registro da solo suono personalmente tutti gli strumenti, così non ho bisogno di dare indicazioni: essendo io un musicista autodidatta che non sa praticamente nulla della musica “scritta”, è molto semplice e comodo! Registrare con altri musicisti può essere stressante per me, perché non amo parlare troppo di musica (ride). Ma con questa nuova band sono molto fortunato, perché ognuno suona il proprio strumento molto meglio di quanto possa fare io, così non ho bisogno di spiegare nulla!

“Hands On The Puzzle” ha un forte valenza di critica sociale nei testi, specialmente riguardo alle nuove e più invasive tecnologie.

E’ vero. Penso che sia molto importante parlarne quando più possibile. E anche se qualche anno fa non era così ovvio, sembra che finalmente sia sotto gli occhi di tutti che esiste una forte connessione tra quasi tutto ciò che sta accadendo in tutto il mondo e il modo in cui viviamo le nostre vite al giorno d’oggi. Soprattutto un senso di giustizia che sembra non esistere più, mentre invece dovremmo riportarlo in vita. C’è un sovraccarico di informazioni che influenza le opinioni, con la conseguenza che l’essere umano si riduce di importanza. E anche se pensiamo che la tecnologia fa risparmiare tempo, in realtà è il contrario, perché in qualche modo ci toglie lo stesso tempo che apparentemente ci regala (ride). E per giunta paghiamo perché ciò accada! Definire tutto ciò follia è un eufemismo (ride).

Qualche tempo fa hai deciso di abbandonare i più popolari canali di social media (Facebook, Instagram, e altri). Questo ha avuto delle conseguenze sul modo in cui gestisci la tua carriera musicale?

Sì, certo! Quando l’unica possibilità di venire a sapere di un concerto è un trovare un poster per le strade, devi uscire e usare i tuoi occhi. I tempi moderni ti consentono di stare a casa e utilizzare il telefono, il tablet o il computer, piccoli strumenti che dicono ai tuoi occhi cosa vedere e quando, in base a quello che sei abituato a guardare o comprare! Un poster deve essere bello per essere visto e deve anche essere ridotto alle informazioni di base, mentre un post su Internet è spesso solo una finta evidenza di qualcosa che potrebbe anche non essere vero. Per me è stato innaturale dovermi mettere in evidenza così spesso in questo modo! Non voglio stare sui nervi alle persone, voglio fare musica. Durante il nostro ultimo tour mi è sembrato che tra il ci fossero meno fans e forse è vero che ci sarebbero state più persone ai concerti se avessimo fatto un post dopo l’altro – ma per me non ne vale la pena! È più importante parlare l’un l’altro, farsi pubblicità con il passaparola. Rende un po’ più difficile far circolare le informazioni – è come un filtro naturale, per così dire – ma la qualità ne guadagna! Ho risparmiato un sacco di tempo chiudendo i vari social media, tempo che posso piuttosto investire nella musica stessa! Ora scriviamo lettere ai fans una volta all’anno con tutte le informazioni, tipo “cosa accade, dove e quando ” e ci concentriamo di nuovo su poster e volantini – proprio secondo la vecchia scuola, e con più valori.

Usi spesso una Gibson Les Paul, una chitarra solitamente non associata alla musica funk. Cosa ti intriga di essa?

Amo suonare la Les Paul perché è una chitarra molto sensibile, che “canta”: ma utilizzo anche una Fender Telecaster e la mia vecchia ES-345 del ’63, di tanto in tanto.

Che idea ti sei fatto della scena musicale in Europa? Hai avuto la possibilità di confrontarla con quella statunitense?

Non proprio, sono stato solo una volta negli Stati Uniti, ma ero molto giovane, circa sedicenne, ed ho girato semplicemente qualche Blues Club! La scena musicale europea è molto diversa, ci sono così tante culture diverse, tutte molto preziose. Ma in generale penso alla musica più in un senso più globale – è come una lingua internazionale che parla a tutti noi.

Ti va di nominarci cinque grandi chitarristi che ti hanno influenzato?

Gary Moore, BB King, Albert King, Peter Green e Johnny Guitar Watson. Ma ovviamente ce ne sono molti altri (ride).

Quali sono i tuoi progetti per l’immediato futuro? Speriamo di vederti presto in Italia!

Beh, principalmente registrare un nuovo album, suonare più concerti possibile con la band e lavorare su un modo per venire presto in Italia – ci piacerebbe molto suonare per voi!

Pietro Rubino

 

 

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