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Paolo Capodacqua – Ferite e feritoie

21 dicembre 2019 by Marco Sonaglia in Dischi, Recensioni

(Storie di note)
Pagina Facebook Paolo Capodacqua

La scomparsa di Claudio Lolli è una ferita viva, che brucia ancora per tanti di noi che l’hanno amato, ma la ferita deve essere curata e chi meglio di Paolo Capodacqua, l’anima a sei corde di Claudio, poteva farlo? Un nuovo disco d’autore, fatto di pezzi inediti, a trent’anni di distanza dal precedente “ Memorabilia”, con un titolo significativo: “ Ferite e feritoie”. Il ritorno è di ottimo livello, a cominciare dalla copertina e dalla progettazione grafica di Enzo De Giorgi (anche lui amico e curatore della grafica de “Il grande freddo” di Claudio Lolli) , dalla produzione esecutiva di Rambaldo degli Azzoni Avogadro per Storie di note e dai raffinati arrangiamenti di Giuseppe Morgante che nel disco suona piano, sax, programmazioni, ciaramella, flauto dolce, chitarra acustica. Senza dimenticare gli altri musicisti: Nunzio Cleofe (fisarmonica), Emilio Morgante (contrabbasso), Maurizio Pagnottaro (batteria), Carlo Morgante (percussioni), oltre ad una serie di amici che vedremo più avanti. Poi c’è Capodacqua con la sua voce delicata, sempre corretta e garbata e la sua scrittura di grande spessore, dove ci narra dei personaggi e delle loro storie, di attualità, di viaggi, di emigrazioni, di amore e di bellezza. Apre il disco la canzone “Amanti segreti” ( “Sgranando il rosario infinito di affanni sospiri e minuti, sognando l’altrove di tiepide stanze, venuti al mondo con circospezione o come viaggiatori clandestini, partiti senza una destinazione con le facce da assassini”) dal sapore latino con la fisarmonica in primo piano, “Gli occhi neri di Julia Cortez” (singolo e videoclip del disco) è un brano di ottimo impatto e racconta la storia della maestra che insegnava nella scuola de la Higuera, dove riuscì a parlare con Che Guevara, poco prima di essere fucilato ( “Tu cercami dentro al nome del tuo bambino, tu cercami tra le pieghe della pietà, cercami nelle croci dei campesinos, cercami in ogni canto di libertà”), si prosegue con “Il mare di Milano” (“Vedessi la riva di Milano, che terra e che sangue per concime, e un figlio che è già troppo lontano, bagnato dal mare senza fine”) un gioiellino di eleganza sostenuto dalla chitarra classica, dal pianoforte e dal sax, arriviamo poi ad una delle tracce migliori del disco con “ L’uomo senza nome” che ha un testo forte e attuale, impreziosita dal violino di Michele Gazich ( “Ho mille anni di chiglia, feritoie nella schiena, porto nella caviglia il segno della catena, ho la pelle marchiata da uno sguardo cattivo, dal rimprovero muto per chi è sopravvisuto… laggiù), si alleggeriscono i toni con il jazz swingato de “Il ladro” che lascia spazio a virtuosismi e a giochi di parole ironici ( “Mano svelta, mano lesta, mano morta, mano veloce, mano che muove in un lampo, più veloce della luce, vi farò sparire tutto, come un gioco di prestigio, fiuto i soldi proprio come fiuta il cacio Topo Gigio”). Il brano strumentale “Palermo” con le voci che si sovrappongono come al mercato della Vucciria, è sostenuto dal flauto di Giacomo Lelli (per anni a fianco di Goran Kuzminac) e serve per introdurre il brano successivo “ Per questo mi chiamo Giovanni” ( “ Per questo mi chiamo Giovanni perché il mio nome sia tra i nomi dei bambini, e sulla bocca delle madri alla sera, quando tra i vicoli si perdono i richiami e il profumo dei giardini”) ispirato all’omonimo romanzo di Luigi Garlando e dedicato a Giovanni Falcone, che vede la partecipazione del cantautore siciliano Pippo Pollina alla voce e della chitarra elettrica di Roberto Soldati (direttamente dai “lolliani” zingari felici). Si ritorna verso atmosfere sognanti, ancora con il contributo di Gazich, per questa specie di ninna nanna che si chiama “I nidi degli uccelli” (“Principessa non ti riconosco, dove sono i tuoi lunghi capelli? Li ho tagliati e gettati nel bosco e oramai sono nidi d’uccellli… E per voi che restaste a guardare, ignorandoci senza riguardo, e per voi che ora osate negare, vi si appunti sul petto il mio sguardo”), lo scrittore Roberto Piumini ci introduce e conclude con la sua voce narrante “Il canto dell’aviatore” ( “C’è un punto piccolissimo nel mare delle nuvole, nel posto dove vanno a riposare i palloncini, c’è un posto in fondo all’anima tra l’elica e il dolore, nel punto dove corrono i sogni dei bambini” ) ispirata alla biografia di Antoine De Saint-Exupéri, un brano dolcissimo ricamato dal sax di Nicola Alesini (anche lui musicista di Lolli). Sempre ispirata dal “Piccolo principe” la successiva “Rosafiore” ( “ Lo so che stai scegliendo con cura i tuoi colori, prima di offrirti al vento, che ti accarezzerà”) con la partecipazione di Kay Mc Carthy (voce, arpa e whistle) chiude degnamente il disco. C’è però spazio per una bonus track e Capodacqua reinterpreta un brano del primissimo Guccini: “L’albero ed io” (tratto dal disco “Due anni dopo” del 1969) creando un bellissimo intreccio tra la sua e la chitarra di juan Carlos “Flaco” Biondini, storico musicista del maestrone. Un disco necessario per gli amanti della storica canzone d’autore. Lo sostiene anche Angelo Ferracuti, nell’introduzione al disco: “Una canzone perfetta come questa, dove parole, melodia e ritmica diventano un miracolo di bellezza”.

Marco Sonaglia

 

Tracce

Gli amanti segreti

Gli occhi neri di Julia Cortez

Il mare di Milano

L’uomo senza nome

Il ladro

Palermo

Per questo mi chiamo Giovanni

I nidi degli uccelli

Canto dell’aviatore

Rosafiore

L’albero ed io (Bonus track)

 

 

 

 

 

 

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