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Recensioni

Max Manfredi – Il grido della fata

9 febbraio 2022 by Marco Sonaglia in Dischi, Recensioni

(Maremmano Records / Ird)
www.maxmanfredi,com

Max Manfredi lo avevamo lasciato sette anni fa con l’orso “Dremong” e aspettavamo con interesse il suo ritorno. Un’attesa lunga che ha prodotto le dodici tracce inedite che formano “Il grido della fata”. L’arpeggio di chitarra elettrica si fonde con l’elettronica e il basso in “Scimmia grigia” (“Lo sguardo azzurro copre l’orizzonte con gli occhi pieni di malinconia, malinconia delle fabbriche, degli acquitrini, neve lucente, seggiovia”) che apre le danze. “Sala da concerto” (“Aspettavo l’inverno, l’inverno ha due nomi e un nome è neve e un nome è fuoco”) ha un’atmosfera francese, turbata da un innesto di percussioni e programmazioni. “N.S. della neve” (“E le tisane e le pianure danzano sonno alle tue sere e nello scendere i torrenti suonano come cavigliere”) ha un vestito tutto elettronico e sporco. “Malvina” (“Ma lasciamo Malvina ai suoi calvari e le pietre miliari sotto il cielo che ci vengono incontro dai binari come menhir di un vecchio cimitero, con un forte profumo d’afodelo”) si colora di delicatezza con il violoncello e il flauto. “Nasi Goreng” (“Rena bagnata spala il palato, ieri futuro, oggi passato, pianto sfiorito, fede al dito”) ha suoni etnici e arabeggianti mentre “Polleria” (“La neve in cielo che frulla via come biglietti della lotteria, le luci gialle, la ferrovia”) si poggia sul grazioso arpeggio di chitarra elettrica, suonata anche con l’ebow, oltre al coro finale che dona misticismo. “Il guastamori” (“E credo che anche Lazzaro, tornato dal suo jet-lag tombale, preferiva sorridere piuttosto che parlare. O forse siamo noi che siamo fotogrammi alla moviola, la gente non ricorda gli intervalli ed è per questo che si sente sola”) ha un groove di basso e batteria che con l’elettronica e le chitarre elettriche crea un’atmosfera in crescendo. “Rosso rubino” (“Vedo il tuo sorriso, bella, nel bicchiere rotto, passo da ubriaco sta barcollando l’alba, brucia guglie e rovi inciampando ad ogni tetto, ora dorme il sovrano ed il suo giullare lo riscalda”) è un pezzo che risalta la teatralità di Manfredi, con una musica cinematografica alla Danny Elfman. Le chitarre elettriche con i synth avvolgono morbidamente “Apis” (“Ed ho pianto nel porto notturno e ho cacciato in un cesso di Babele, non sapevo quando era il mio turno, per scendere giù fino al miele”). “Elicriso” (“Tutto sta cambiando troppo in fretta ed i treni volano nel mare, ma non è solo l’amore che mi aspetta che mi obbliga a viaggiare”) ricorda una danza antica, quasi un minuetto con chitarra classica, clarinetto e violino. Un tappeto di organo sostiene gli arpeggi di chitarra classica in “Canzone del finale” (“E nella festa dell’apparenza, con le sue luci straniere e invitanti, io non capivo la differenza tra gli invitati e i mendicanti”). Chiudo il disco la magica “Il grido della fata” (“Tuo figlio gioca a domino sotto il firmamento e i punti sono codici di popoli lontani, ma nel borgo che dorme c’è chi passa scontento come un margine d’ombra nel sonno dei cani. L’olio è luce, carezza, medicamento, è sapere e sapore antico sul pane, è l’ulivo che muove il suo sistro nel tempo, questo tempo balordo che frastorna cicale”) dove l’elettronica si sposa con il violino. Manfredi realizza l’ennesimo gioiello della sua carriera con un disco più sperimentale e impegnativo del solito, grazie anche ad un sound rinnovato che intreccia perfettamente classico e moderno e al grandissimo lavoro sulle musiche e negli arrangiamenti degli ottimi Marcello Stefanelli, Gabriele Santucci, Fabrizio Ugas. La scrittura di Manfredi è quella di un fuoriclasse, di un trovatore che cesella ogni singolo verso, che incastra rime sempre interessanti e geniali sopra alla sua voce calda, avvolgente e straniata. Paolo Conte cantava “Max era Max, più tranquillo che mai, la sua lucidità” e alla folle lucidità di Max Manfredi non possiamo fare altro che inchinarci.

Marco Sonaglia

 

Tracce

Scimmia grigia

Sala da concerto

N.S. della neve

Malvina

Nasi Goreng

Polleria

Il guastamori

Rosso rubino

Apis

Elicriso

Canzone del finale

Il grido della fata

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