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Recensioni

Caboose – Awake Go Zero

28 marzo 2022 by Silvano Brambilla in Dischi, Recensioni

(Bloos Records)
www.bloosrecords.com

In passato i treni erano una tematica fra le più citate nel blues, nel gospel, e in certi casi anche nel folk. Non è questo lo spazio per analizzare le ragioni, anche se va detto che il primo pensiero associato a quel mezzo su rotaia era la libertà e una destinazione verso una vita migliore. Uno dei pezzi più famosi è, Freight Train (treno merci), di Elizabeth Cotten. Louis (Luigi) De Cicco, voce, vari tipi di chitarre, banjo, tastiere, e Carlo Corso, batteria e percussioni, sono insieme dal 2018 sotto il nome di, Caboose. Il significato? Presto detto, a meno di smentite. E’ quel vagone agganciato in fondo ad un treno merci, dove stavano addetti alle ferrovie con varie mansioni da amministrare durante il viaggio, e nei percorsi lunghi era anche una sorta di alloggio. Il vagone più utilizzato era quello con una vedetta sopraelevata posta al centro in modo da avere una visione più ampia, ed è li che abbiamo immaginato i due suddetti musicisti, a guardare dall’alto il loro treno che viaggia dalla pianura su per le hills a nord dello Stato del Mississippi. Siamo andati di metafora per inquadrare subito la loro passione per quella tipologia di blues chiamata, hills country blues, divulgata dalla metà degli anni novanta dalla etichetta del sud degli Stati Uniti, la Fat Possum, che pubblicava dischi dell’eccellente Junior Kimbrough, di R.L. Burnside, di T Model Ford, di Robert Belfour, come pure dei Black Keys, e di altri. Anche da noi ha avuto un che di seguito, diventando per un certo periodo una sorta di, ahinoi, moda, con qualche musicista di varia estrazione che lasciava la chitarra elettrica nella custodia, per passare alle autocostruite cigar box, da suonare in duo con un batterista che usava solo la grancassa e rullante. Una volta calato l’interesse, sono ritornati sui propri passi. I Caboose no, sono stati da subito catturati da quel suono rurale e urbano insieme, che emana condizioni ipnotiche, carnali nell’esecuzione dall’incedere ripetitivo, percussivo. Vengono selezionati per rappresentare l’Italia all’International Blues Challenge a Memphis, arrivano fino alle semifinali, dopodiché iniziano a girare gli Stati Uniti suonando in vari posti e aprendo concerti a bluesman di chiara fama. Tornati ancora più carichi, da trio diventano duo, lascia l’armonicista, esce il secondo disco, e vedono l’agenda riempirsi di concerti, anche in Europa. Questo nuovo lavoro ha il supporto della rispettabile etichetta indipendente, Bloos Records (dal suo catalogo citiamo, Coery Harris, The Cyborgs), e già dalla prima traccia, Do What The Witch Says, si palesa l’unione del duo, concentrati a manifestare una realtà blues che non ha niente da invidiare a musicisti bianchi americani che sono saliti, spesso e volentieri su per le hills del Mississippi per un diretto contatto. Notevole, I Want Her Back, con alcuni passaggi un po’ psichedelici e il canto di Luis De Cicco dalle tonalità garbate ma intense. A seguire ci si imbatte in una alternanza fra trame cantautorali e cenni di blues elettrico in, Home, ma poi eccoci ad un gioiellino dalle ammalianti atmosfere africane. Mali? Niger? Nord Africa? E’, Viva Hobos, con un momento cantato in francese. Con toni sempre ipnotici e con sonorità scure, ecco, Without You, mentre il fantasma dell’indimenticato Junior Kimbrough, vagava nello studio quando incisero, Streets I Walk On. Dalla campagna beneventana agli intrecci del patrimonio musicale occidentale e africano. Proprio un bel viaggio!

Silvano Brambilla

 

Tracce

Do What The Witch Says

Fortune

I Want Her Back

Home

Poor Boy

Viva Hobos

Tongue

Without You

Streets I Walk On

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