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Umbria Jazz Winter, Orvieto, 30-31 dicembre 2016 1 gennaio 2017

3 gennaio 2017 by Michele Manzotti in Concerti, Recensioni

www.umbriajazz.com

La formula ha funzionato ancora tanto che sta per compiere il quarto di secolo. Umbria Jazz Winter è infatti il simbolo di come si abbina un appuntamento culturale con il turismo. In un centro storico preso d’assalto sono risuonate note di ottimo livello con tante idee divenute realtà. A partire dal tributo a Gil Evans e indirettamente a Miles Davis per gli arrangiamenti degli album Miles Ahead e Porgy and Bess. La big band di musicisti italiani, arricchita dalla presenza di Jay Anderson al contrabbasso, Steve Wilson al sax e Lewis Nash alla batteria, è stata diretta da Ryan Truesdell con ospite Paolo Fresu a tromba e flicorno. Un concerto che è decollato nella seconda parte, con le rielaborazioni dell’opera di George Gershwin più nelle corde di tutti i musicisti. Senza dubbio un’operazione filologica che Truesdell ha saputo rendere con rispetto e una buona dose di entusiasmo.

L’incontro tra i contrabbassisti John Patitucci e Christian McBride ha rappresentato un esperimento di grande interesse per gli appassionati di jazz. Uno strumento che generalmente viene utilizzato per la ritmica assume un ruolo da solista, raddoppiando il proprio suono con due esecutori di rango. McBride, durante il concerto, ha inoltre ricordato come Patitucci sia stato un suo idolo da quando lo ha ascoltato nella formazione di Chick Corea. L’operazione, con brani di Thelonious Monk e Billy Strayhorn e con standard quali My Funny Valentine, ha rappresentato un unicum difficilmente esportabile nell’edizione estiva o su disco, dando agli appassionati di jazz una possibilità di apprezzare nuove strade sonore.

Dove Patitucci, a nostro parere, ha superato se stesso è stato con l’Electric Guitar Quartet, con la partecipazione di Adam Rogers e Steve Cardenas alla chitarra elettrica e Ben Perowsky alla batteria. Alternando due bassi elettrici (uno a sei e uno a cinque corde), il leader ha concepito un repertorio originale con brani dall’album Brooklyn, tributi al soul della Stax, a B.B.King e a Wayne Shorter e standard di Monk e Bud Powell. Uno show muscolare e poetico al tempo stesso con momenti vicini al rock e al funky.

 

Da sottolineare anche la prova della pianista giapponese Chihiro Yamanaka con il suo Uk trio. Tecnica invidiabile, tocco più morbido rispetto alla connazionale Hiromi, la solista ha presentato brani propri ma non si è tirata indietro nel proporre standard notissimi, tra cui ricordiamo Take Five di Paul Desmond, When You Wish upon a Star, The Entertainer, completamente reinventato. Yamanaka ha presentato anche brani suoi tra cui Guilty Pleasures, traccia titolo del suo album ed eseguita al pianoforte elettrico.

Infine segnaliamo anche la voce gradevole del crooner Alan Harris, presentatosi con il suo quintetto. Un cantante raffinato, con possibilità di miglioramento, che ha fatto il proprio compito grazie a passione e voglia di divertirsi. La curiosità: Harris è anche chitarrista, ma quando prende in mano lo strumento vira decisamente verso il blues.

Michele Manzotti

 

 

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