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Vashti Bunyan, Barbican, Londra, 2 aprile 2022

4 aprile 2022 by Michele Manzotti in Concerti, Recensioni

Già nel momento in cui è salita sul palco, il pubblico l’ha salutata con un’ovazione. Un’accoglienza calorosa come si deve non solo a una musicista di livello, ma a un vero e proprio fenomeno di culto. Lei ha mostrato una giusta contentezza unita a un senso di stupore. Perché il fondo Vashti Bunyan ha saputo scegliere per gran parte della sua vita la permanenza in campagna, preferendola a quella della capitale inglese e alle regole dello show business.  Nelle note di copertina dell’album di debutto Just Another Diamond Day, pubblicato nel 1970, il suo produttore Joe Boyd scrisse: “Non ho mai conosciuto nessuno la cui musica fosse così interamente un riflesso della propria vita e del proprio spirito”. Due anni prima Vashti Bunyani iniziò il viaggio con il proprio compagno fino all’Isola di Skye in Scozia. Poi il silenzio discografico fino al 2006 con l’uscita di Lookaftering.

Va specificato che il concerto del Barbican aveva in parte uno scopo promozionale: di Vashti Bunyan è appena uscito  un libro di memorie  Wayward: Just Another Life To Live, con un appuntamento post esibizione nel foyer per firmare le copie del volume. Ma è indubbio che il pubblico non abbia voluto mancare (la Barbican Hall aveva quasi tutti i posti occupati) per una delle rare occasione in cui la musicista si presentava dal vivo, anche se dal disco Heartleap del 2014 le presenze sul palco sono state meno infrequenti. Per la serata la folksinger era affiancata da Gareth Dickson alla chitarra, da Fiona Brice alle tastiere e alla direzione musicale, con il trio d’archi formato da Emma Smith e Nicky Sweeney ai violini e Ian Burdge al violoncello e dal quartetto di flauti diritti Ian Wilson and The Flautadors.

Nella scaletta Vashti Bunyan ha mostrato un compendio della sua vita musicale. Dai singoli degli anni Sessanta (ricordiamo la splendida Train Song) ai brani dell’album d’esordio come la traccia titolo, Jog Along Bess resa in modo affascinante, Glow Worms. E ovviamente anche le canzoni proposte in questo secolo: Wayward, Same but Different, Hidden, Lately e Against the Sky (da Lookaftering) oltre a Mother, Here e Heartleap dall’omonimo album e posta nel finale. Nel concerto, con due schermi ai lati del palco dove erano proiettate illustrazioni dal libro e dai dischi. Il suo modo di proporre folk è una perfetta sintesi di due mondi conosciuti a inizio carriera, quello dei Fairport e l’altro della Incredibile String Band, tenendo dritta la barra di un linguaggio personale.

La resa dei brani ha puntato a evidenziare la voce, nonostante l’età abbia comprensibilmente influito sul suo timbro. Tutto è stato reso tra fiati e archi come se alla solista fosse stato steso un tappeto rosso su cui camminare e mostrare la sua arte. Una serata memorabile non solo per il risultato musicale, ma anche per l’atmosfera che si è creata fra palco e sala: un’intesa nel segno di musica e poesia difficilmente riscontrabile con altri artisti.

Michele Manzotti

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