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Marco Cantini – Zero Moltiplica Tutto

2 febbraio 2024 by Marco Sonaglia in Dischi, Recensioni

Radici Music Records
www.marcocantini.org/
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Marco Cantini ci aveva lasciato cinque anni fa con il bellissimo “La febbre incendiaria” (Ispirato al romanzo “La storia” di Elsa Morante) e lo ritroviamo oggi con un nuovo lavoro intitolato “Zero moltiplica tutto” ( La copertina è realizzata dal pittore Gianni Dorigo, che ha firmato anche le opere contenute nel libretto). Undici tracce, di cui dice scritte dai cantautore e una serie di ottimi musicisti che ormai sono fissi nelle sue produzioni: Riccardo Galardini (chitarre elettriche e acustiche, viuhela), Fabrizio Morganti (batteria e percussioni), Lele Fontana (hammond, rhodes, piano, melodica), Gianfilippo Boni (piano, rhodes), Lorenzo Forti (basso elettrico) A loro si aggiungono  Francesco “Fry” Moneti (violino elettrico e acustico), Claudio Giovagnoli (sax tenore/soprano), Carlotta Vettori (flauto traverso), Andrea Beninati (violoncello ed arrangiamento archi), Roberto Beneventi (fisarmonica), Priscila Helena Boaretti, Silvia Conti e Serena Benvenuti (cori). “Il Declino” (“E per il fuoco antico e smisurato di mille pomeriggi grondanti di dolore, rivedo ancora i loro caschi blu e  i nostri colorati come aiuole, poi il fumo e il gas corrompono il respiro, nel viso insanguinato ti ritrovo solo, mentre mi dici “comunque vada l’hanno sempre vinta loro”) apre il disco, come un’introduzione, a base di chitarra elettrica e sax nella coda finale, seguito dal capolavoro “Modigliani” (“A questo tavolo bruciato, io ti dovevo tanto, io ti saluto, dove Picasso e Apollinaire si facevano assieme, posso sentire ancora forte il fetore dai macelli di Vaugirard, ma un’ora è un vaso colmo di suoni, che adesso più non ho, e in tasca porto ancora le mie sculture, coi “Canti di Maldoror. E ancora cinque franchi per ogni volto al mondo per sempre chiederò, perché il paesaggio non esiste: è come Dio, ritrarlo non si può e ancora cinque franchi per ogni volto al mondo per sempre chiederò, perché il paesaggio non esiste: è come Dio, ricordalo”), una lettera immaginaria del pittore, minato dalla tisi, indirizzata all’amico Maurice Utrillo e all’amata Jeanne, accarezzata dolcemente dal violino. Si parla della realtà virtuale con il rock trascinante di “Ballon D’Essai” (“Riconoscere la dignità e la libertà personale di chi aspira a una vita migliore, è ciò che nessuno dovrebbe negare”), più intensa “Quello Che Segue” (“Ti vedo riempire quei volti di amici perduti lungo la strada, il passo che imprime quell’andatura ed  il sorriso sicuro mi sfiora, ritorna il bambino più assorto che quieto, che ha tutto il diritto di non divertire, risalgo all’indietro, fa ancora più male, in stanze nascoste vedervi soffrire”) con il violino e la chitarra elettrica che si intrecciano.  ”Flora Tristan” (“Ma ho attraversato gli oceani ed ho varcato le Ande, tra i socialisti utopisti e chi non ha più speranze, poi un marito violento mi affida un ricordo: è una pallottola in petto di un tempo balordo, quando abbracciavo gli oceani e accarezzavo le Ande, c’era una scheggia fiorita in giorni aspri di sangue”) è una ballata con il pianoforte in primo piano e  racconta le  battaglie civili per i lavoratori e per una giusta società della nonna di Paul Gauguin, flauto traverso, chitarra e pianoforte colorano la successiva “Fiori” (“Pensi “io non ti ho amato per chi eri con me, ma per chi ero io quando qui avevo te”, a chi non volle fiori né croci né preti, a chi fu un libro aperto tra gli analfabeti”). “Milionari Di Lacrime” (“Ma rivedemmo Dublino attraverso le strade di Joyce e nei passi di Salgari se ne andò il mio spirito, nelle regioni del mondo, nella città fluviale e in ogni vile guerra contro i figli profondi della terra”) con le sue sonorità sudamericane  è dedicata al poeta Pablo Neruda,  “Aventino” (“Misera utopia di una nazione, che brandisce rosari e pontifica, per un volto feroce ridiventa borbonica, la ferocia meccanica non conosce pietà, quando la plebe si ritira sul colle Aventino e  tra i patrizi non resta che un solo uomo”) è un episodio buio della storia romana antica, tra arpeggi di chitarra acustica e organo hammond. “Camminando e Cantando” è l’unica cover dell’album , versione italiana, tradotta da Sergio Endrigo, di un’importante canzone brasiliana, “Pra não dizer que não falei das flores”, composta da Geraldo Vandré nel 1968 contro il regime militare, “Madre” (“Madre, io qui m’inchino, come davanti a un’iconostasi, ai giorni che ci han visto qui da soli ad aspettare, a contare i decenni e  inventariare il dolore, schiodati e crocifissi ad ogni ora, non è più il tempo ormai, tra queste salme, per trasformare l’odore del vento, in sapore di carne”) è una dedica commossa, cullata dalla chitarra classica e dal violino. Ritorna il sax a chiudere il disco con “Il Declino” (“Un cuore che va in gola non riscende giù, lo so che in un sol colpo poi ci preferirono nel fuoco dei blindati e dopo un po’ pensai che avrei cantato, ancora tanto assieme a te, se solo avessi avuto fiato. Invece son rimasto muto ad ascoltare, quelle tue frasi di chi è stanca di subire”). Cantini è ispirato e si conferma come uno dei cantautori più interessanti. Il disco è ottimo, grazie anche ad un suono vivo, ben sottolineato dagli arrangiamenti. La sua scrittura è sempre colta, ricca di citazioni letterarie e non solo. Lavori come questi  risvegliano le coscienze e la voglia di lottare,  perché in fondo “Si può sbagliare ancora dalla parte giusta”.

Marco Sonaglia

 

Tracklist

 

Il Declino (Introduzione)

Modigliani

Ballon D’Essai

Quello Che Segue

Flora Tristan

Fiori

Milionari Di Lacrime

Aventino

Camminando e Cantando (Pra Nâo Dizer Nâo Falei Das Flôres)

Madre

Il Declino (Conclusione)

 

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