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The state I'm in

Mark Knopfler e i suoi primi 70 anni

4 settembre 2019 by Michele Manzotti in The state I'm in

Mark Knopfler al Lucca Summer Festival 2019 (foto Paolo Pacini)

Da Qn-Quotidiano Nazionale (La Nazione-Il Giorno-Il Resto del Carlino) del 12 agosto 2019

Negli anni ’80 del secolo scorso ha rappresentato un modo nuovo di presentare il rock. Dopo il progressive dei grandi gruppi e il punk che li aveva travolti insieme a tutto il passato, Mark Knopfler (con i suoi Dire Straits) raccolse i cocci per rimontarli in una forma differente dal passato. La formula: brani non troppo lunghi, una base solida strumentale che potesse permettere momenti solisti, il ritorno a una melodia accattivante. Il tocco di classe era lo stile chitarristico che Knopfler aggiunse a questa particolare ricetta. Oggi il musicista nato a Glasgow (una delle capitali della musica del Regno Unito) compie 70 anni. Un traguardo utile per riflettere su come molti gruppi, dall’avvento dei Dire Straits in poi, dovettero tenere conto di questa rivoluzione. Anche Bob Dylan seguì con attenzione il lavoro di Knopfler tanto da farlo partecipare alla realizzazione del suo album Slow Train Coming.

Knopfler ai Bbc Folk Awards 2009 (The Brewery, Londra)

Tutto iniziò quando a Knopfler fu regalata una chitarra elettrica Fender Stratocaster per i suoi 14 anni. I suoi miti erano Jimi Hendrix e B.B. King, ma a differenza di questi giganti Knopfler non ha mai voluto ostentare un virtuosismo fine a se stesso. La sua inconfondibile tecnica che lo ha reso celebre è quella fingerpicking, ovvero l’uso dello strumento senza l’ausilio del plettro e i polpastrelli di pollice, indice e medio liberi nel pizzicare le corde. Una tecnica che è più simile a quella di un suonatore di banjo che a Hendrix. La svolta della vita arriva quando decise di trasferirsi a Londra. A raggiungerlo il fratello David e fu proprio quest’ultimo, nel 1977, a presentargli il futuro bassista John Illsley, un amico che lavorava in un negozio di dischi. I tre decidono di dare vita a una band: progetto che si concretizzò con l’arrivo del batterista Pick Withers. Bravissimi e con tanta tecnica nelle mani, ma senza un penny in tasca. Una condizione che ispirò il nome del gruppo: Dire Straits, letteralmente terribili ristrettezze.

Il grande successo arrivò con Making Movies del 1980, che contiene tra le tracce uno dei brani più noti della band, Romeo and Juliet. L’album segnò la crescita della band, ma anche l’addio del fratello David in disaccordo con il resto della formazione. Intanto la voglia di progetti da solista lo portarono a nuove sperimentazioni nel campo della cinematografia, firmando in tutta la sua carriera ben nove colonne sonore (ricordiamo la pellicola cult Local Hero). Il 1985 è l’anno della consacrazione con l’album Brothers in Arms, una vera e propria raccolta di futuri classici del gruppo: Money for Nothing, So Far Away, Your Latest Trick e Walk of Life. Gli anni ’90 rappresentano la fine dei Dire Straits, la conclusione di un progetto che ha venduto nel mondo 120 milioni di dischi. Un marchio di successo tanto che un gruppo di musicisti, fra cui alcuni ex-componenti della formazione, vanno attualmente in tour con il marchio Dire Straits Legacy.

Knopfler ai Bbc Folk Awards 2016 (Royal Albert Hall, Londra)

Dallo scioglimento la carriera solista di Knopfler non si è ancora fermata (lo scorso mese è stato protagonista di un concerto sold out al Summer festival di Lucca), riprendendo più volte il linguaggio folk della sua terra da abbinare al rock. Ricordiamo anche che nel 2002 promosse concerti di beneficenza ribattezzati Mark Knopfler and Friends, oltre a vendere tante chitarre personali per raccogliere fondi da destinare a progetti di solidarietà. Nel 2011 e nel 2012 fece un tour con Bob Dylan dove nella prima parte era protagonista con la sua band, lasciando poi il palco al cantautore americano che lo ospitava per alcune canzoni in duo. Oggi può festeggiare degnamente i suoi sette decenni dopo aver inciso 300 brani; ma la sua produzione è ancora più importante numericamente con pezzi scritti per singoli divenuti per musicisti come Eric Clapton, Rod Stewart o i Metallica. «Per la chitarra – disse in un’intervista – vedo un futuro radioso. Non per me, ma per la chitarra sì». Uno strumento che lui stesso ha definito immortale. Quanto la sua musica.

Michele Manzotti

 

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